SPAGNA, IRLANDA E NORVEGIA ANNUNCIANO IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO DI PALESTINA. IRA ISRAELE CHE RITIRA GLI AMBASCIATORI
Con l’ultimo annuncio di Spagna, Irlanda e Norvegia, sono 142 su 193 Paesi ONU a riconoscere lo Stato di Palestina, con confini che comprendono lo schema del 1967, ovvero Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme Est. La mossa già preannunciata lo scorso marzo dai Premier Sanchez, Simon Harris e Jonas Gahr Store diverrà effettiva il prossimo 28 maggio 2024 ma già ha scatenato tutte le furie di Israele, oltre ad un comprensibile allarme per la tenuta già precaria dell’ordine globale nel pieno della guerra fra Tel Aviv e Hamas all’interno della Striscia.
Praticamente in concomitanza con il mandato di arresto spiccato dalla Corte Penale Internazionale al Premier israeliano Netanyahu così come ai leader palestinesi di Hamas, l’annuncio dei tre Stati europei “smuove” una situazione già di per sé molto complicata: «Questo riconoscimento non è contro Israele e il popolo di Israele, né a favore di Hamas», ha spiegato il leader socialista di Spagna, accusando Netanyahu di essere un pericolo per la soluzione dei due Stati anche perché «non avrebbe alcun progetto di pace» in mente.
Posizioni molto simili arrivano dall’Irlanda e dalla Norvegia, con conseguenze già fibrillanti a livello diplomatico: Tel Aviv ha infatti già richiamato gli ambasciatori da Madrid, Dublino e Oslo per consultazioni urgenti alla luce del riconoscimento dello Stato di Palestina dei tre Stati europei. «Israele non sarà compiacente con chi vuole minarne la sovranità e ne mettono in pericolo la sicurezza», fa sapere il Ministro degli Esteri Katz parlando da Gerusalemme. Sempre il diplomatico israeliano ha annunciato di aver chiamato gli inviati diplomatici di Spagna, Irlanda e Norvegia a cui mostra il video delle soldatesse ebree rapite da Hamas: «Hanno deciso di assegnare una medaglia d’oro agli assassini di Nazi Hamas, mostreremo loro – conclude Katz – la decisione contorta presa dai loro governi».
ONU SPACCATA SULLA PALESTINA: QUALI STATI A FAVORE, CHI CONTRO. TUTTI GLI SCENARI
Come già anticipato, ad oggi sono 142 i Paesi sui 193 totali che all’interno delle Nazioni Unite hanno già provveduto al riconoscimento dello Stato di Palestina: i contrari restano per il momento, tra gli altri, gli Usa, il Canada, l’Australia, il Giappone, la Corea del Sud e diversi Stati europei. La Spagna è certamente il primo grande Paese nel blocco occidentale che sceglie la via del riconoscimento, seguendo quanto già fatto tra i 27 Paesi membri da Slovacchia, Romania, Bulgaria, Cipro, Svezia, Polonia e Repubblica Ceca,
Dopo la proclamazione il 15 novembre 1988 del primo Stato di Palestina indipendente, con Gerusalemme est come capitale, il leader palestinese Yasser Arafat lavorò intensamente per ottenere il riconoscimento di quanti più Paesi ONU possibili, con l’obiettivo di avere due Stati vicini e indipendenti come Israele e appunto Palestina. Fu l’Algeria il primo Stato nella storia a porre il riconoscimento: pochi negli anni Novanta, molti di più tra il 2010 e il 2011 quando si accelerò la crisi in Medio Oriente con una delle tante guerre intestine tra Hamas e Stato ebraico. Dopo una serie di convulsi dibattiti tra le diplomazie mondiali, la bandiera dello Stato palestinese venne issata al Palazzo di Vetro dell’ONU nel novembre 2012, con la maggioranza che votò per uno “Stato osservatore non membro”, ricorda oggi il focus del Quotidiano Nazionale. Negli ultimi mesi alle Nazioni Unite spinge per far superare il veto Usa e riconoscere anche a livello di istituzioni mondiali lo Stato di Palestina. Nel 2014 è stata la Svezia a riconoscere per prima in Europa lo Stato di Palestina, con un’onda lunga 10 anni che porta oggi la Spagna a seguirne le orme aprendo ancora di più la crisi diplomatica in Occidente sul futuro del Medio Oriente.
ANP E HAMAS ESULTANO: STATI UNITI, ITALIA, GERMANIA E FRANCIA TEMONO PER ISRAELE
Dopo l’annuncio del Premier Sanchez da Madrid, l’Autorità palestinese ha accolto con piena soddisfazione l’ulteriore allargamento degli Stati ONU che dicono sì al riconoscimento della Palestina: «questa prima decisione costituisce il culmine di queste posizioni ed è conforme ai principi del diritto internazionale che riconoscono il diritto dei popoli a liberarsi dal colonialismo e dall’oppressione e a vivere nella libertà, nella giustizia e nell’indipendenza», spiega l’Anp presso l’agenzia palestinese Wafa. Esulta anche Hamas che da Gaza fa sapere come la «coraggiosa resistenza palestinese» abbia infine spinto nuovi tre Paesi occidentali verso il riconoscimento dello Stato di Palestina: i miliziani terroristi vedono infatti in questo nuova spaccatura in seno agli Stati Europei un possibile grimaldello per isolare ancora di più Israele e condurre in porto la vittoria nella guerra in Terra Santa.
Allarmanti e preoccupati restano invece gli Stati occidentali che ancora mantengono riserve sul riconoscimento dello Stato di Palestina: non tanto perché non siano concordi che l’unica soluzione sia realmente quanto proposto nel 1946 (poi subito impedito dall’invasione di Egitto e Siria nei territori del “fissato” Stato di Israele), ma perché prima dei “due Stati” occorre assicurarsi che il nuovo Stato palestinese non nasca con l’intento di eliminare dalla faccia della Terra il suo “vicino” israeliano. Lo ribadiscono ancora in queste ore gli Stati Uniti d’America – che appena due giorni fa con Biden hanno ritenuto scandaloso l’equiparare della CPI di Israele e Hamas -, la Francia di Macron che reputa come il momento sbagliato questo per isolare Israele, e poi la stessa Italia del Governo Meloni. «Siamo favorevoli al riconoscimento dello Stato di Palestina, ma deve riconoscere Israele ed è Israele che deve riconoscere lo Stato palestinese. Inoltre uno Stato palestinese non dovrebbe essere guidato da Hamas», ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine di un convegno alla Farnesina. Finché resta la presenza di Hamas, l’Italia (e con essa Stati Uniti, Francia e Germania) non può riconoscere lo Stato Palestinese, «Noi riconosciamo l’Autorità nazionale palestinese e con questa vogliamo lavorare».