Le varie complicazioni che da sempre circondano non solo la nascita di ITA, ma anche i “complessi” rapporti con una Unione europea che da sempre ha applicato normative alquanto discutibili fin dalla nascita dell’alleanza di Alitalia con KLM a fine anni ’90, stanno raggiungendo dei vertici di etica politica e commerciale decisamente notevoli.
ITA sta rischiando parecchio grazie a quella parte politica che l’ha creata su basi di dubbia discontinuità e che continua imperterrita a distruggere la più importante economia industriale italiana, il trasporto aereo. Sulle basi del tormentone “Ci è costata 13 miliardi” giustificano lo smantellamento e la svendita ai tedeschi che più che la compagnia in sé, puntano agli slot, quindi al mercato. Quei soldi “investiti” nella compagnia italiana sono spalmati nell’arco di un cinquantennio e in tutto questo tempo hanno generato introiti per lo Stato, dai voli business a quelli legati al turismo, con relativi ricavi enormi tra tasse, lavoro, quindi crescita economica legata alla creazione di affari e sviluppo del territorio. Più la relativa crescita e ricchezza generata dall’indotto.
Purtroppo anche la duplice esperienza privata è stata una debacle, e oggi è in corso al Tribunale di Civitavecchia il processo per i fatti che hanno portato al fallimento del 2017. Cosa molto strana, vista la portata e i nomi eccellenti coinvolti, che l’intera faccenda sia scomparsa, anzi praticamente mai apparsa, sui media.
Una delle tante cose inspiegabili è come, nel passaggio da Alitalia a ITA gli asset della gloriosa compagnia di bandiera siano stati acquisiti a solo un euro dal nuovo vettore senza che questo passaggio significasse quella continuità aziendale che invece rappresentava. Sta di fatto che nel mezzo di questa “interpretazione metafisica” gli ex dipendenti Alitalia stanno registrando dei danni nonostante diverse cause vinte. Insomma, pare non si voglia risolvere una questione importantissima perché ciò significherebbe anche un’assunzione immediata di personale altamente qualificato a condizioni che già da anni rappresentano un notevole risparmio sul costo del lavoro.
Ma, come abbiamo visto in precedenti articoli sul tema, per quanto riguarda le cause dei lavoratori non siamo neppure a metà del percorso, con esiti alterni. La vorrebbero sempre far apparire come un evento calcistico, soppesando il numero delle sentenze a favore. Si guardano bene dall’entrare nel merito, molto complesso.
I legali di ITA, dopo l’apparizione del contratto di cessione, hanno una nuova impostazione trasmessa ai giudici. È sia cessione di beni e compendi, sia un trasferimento di ramo d’azienda in continuità, ma senza obbligo di applicazione delle tutele per i lavoratori. Anche qui un precedente emblematico di come il settore, oltre a essere una giungla incontrollata, è ambito di sperimentazione fino al voler rivedere ogni precedente impostazione giuridica italiana e perfino europea. Insomma, un gioco delle tre tavolette molto classico, ma siccome tutto è avvenuto in mano al Governo italiano, non bisogna neanche meravigliarsi che abbiano prodotto una norma interpretativa, tramite un decreto legge da parte del Consiglio dei ministri, per affossare i giudizi favorevoli ai lavoratori.
Con la pessima evoluzione che pare stia prendendo l’intera faccenda, siamo tornati a chiedere lumi al Segretario nazionale di Assovolo Carlo Furiga.
Giunti a questo punto cosa bisognerebbe fare, secondo voi, per sbrogliare la complicata matassa nei tribunali?
A questo punto, per poter ancor di più fare chiarezza al riguardo, sarebbe necessario e anche obbligatorio, che appaia la perizia sul singolo euro di valore dei beni e compendi ceduti. Anche perché, sempre in conformità con l’indicazione della DG Competition europea, la cessione doveva avvenire a prezzo di mercato, certificato. Ovviamente, per far desistere i lavoratori dalla ricerca della legalità è stato operato un taglio “mirato” della cassa integrazione, discriminatorio e ritorsivo.
Pare essere un gioco delle tre carte…
Anche su ciò la responsabilità è abbastanza chiara, il ministero che ha ceduto a 1 euro Alitalia era in mano a colui che, subito dopo è diventato l’acquirente. Se si fosse trattato di due aziende private e l’amministratore delegato avesse venduto a 1 euro ad altra società per poi diventarne il relativo amministratore delegato, probabilmente lo avrebbero azzannato. Come minimo.
La cosa strana è che questa manovra sia stata attuata con il beneplacito di chi da anni politicamente (leggi Lega) operava, a parole, a favore di uno sviluppo che poi non c’è stato…
È la stessa parte politica che a parole magnificava Malpensa, ma che nei fatti ne ha cagionato la rovina. Prima facendo niente per svilupparlo, e in assenza di collegamenti idonei tra la città regina e l’aeroporto, lasciandolo cattedrale nel deserto ha spinto per la riapertura di Linate, che ricordiamo era stato limitato ai soli voli con Roma. A quel punto come ovvio, Malpensa si è svuotato di voli delle altre compagnie aeree, tornate di corsa a Linate per drenare passeggeri verso hub stranieri, e ha costretto Alitalia a duplicare i suoi, chi andava a Milano ovviamente preferiva Linate, e chi invece proseguiva per altra destinazione usava l’hub di Malpensa. Praticamente da un singolo volo per metà occupato da passeggeri che terminavano il volo, e l’altra metà che proseguivano, hanno forzato il raddoppio, con relativi costi, dimezzando il riempimento degli aeromobili. Contestualmente nella stessa area di mercato hanno foraggiato la crescita di Bergamo, con una concorrenza agevolata e ben remunerata con tanti soldi fatti passare per il meccanismo del co-marketing. Tutto ciò è stato fatale per Alitalia. Mandanti ed esecutori di questo tracollo sono ben identificabili e sono gli stessi che oggi continuano a decidere le sorti di Alitalia, comunque ridenominata, e del trasporto aereo.
(Guido Gazzoli)
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