“Quo Vadis? I dilemmi del nostro tempo” è il titolo scelto dal Sole 24 Ore per la terza edizione del Festival dell’Economia di Trento che cade sotto la sua organizzazione (la diciannovesima in assoluto). Come nei due anni precedenti, la formula si mostra vincente con oltre trecento appuntamenti tra convegni e attività di svago, ottanta accademici richiamati da tutto il mondo, sei premi Nobel, una marea di gente che si sposta da un luogo all’altro per seguire i temi d’interesse.
Nemmeno l’acqua che cade a sprazzi e in certi momenti a catinelle con rombi di tuono in lontananza e fulmini – segno che qualche problema con il clima l’abbiamo davvero – riesce a fermare le persone che sciamano attirate dagli argomenti messi in cartellone. Che riguardano in un modo o nell’altro il futuro che ci attende spaventati come siamo dal presente insondabile e fortemente nostalgici di un passato che ricordiamo migliore dell’oggi e quasi confortevole.
Proprio del Futuro fa l’Apologia un libro (Apologia del Futuro, appunto) edito dalla Luiss University Press e scritto da un giornalista che si è sempre occupato d’innovazione, Luca De Biase. Presentato nello spazio riservato alla casa editrice dell’Università, il volume solleva molti dubbi e mette confusione nella mente di chi pensa in modo lineare immaginando che la vita sia una camminata, più o meno tormentata, da qui a lì. Da un punto all’altro.
E invece ieri, oggi e domani sono concetti superati. Da leggere e interpretare in modo dinamico, si potrebbe dire circolare, attribuendo forza alla nostra volontà e alla capacità di farci responsabili del nostro destino. Per quanto il fato esista e lasci spesso traccia del suo operato non bisogna essere fatalisti anche se in lunghi frangenti d’incertezza come quelli che stiamo vivendo giocare d’attesa possa apparire la scelta più sensata e meno rischiosa.
L’autore propone tre grandi andamenti di fondo che caratterizzano la nostra epoca e influenzano le nostre esistenze. Tre megatrend da cui prendere spunto per capire dove si va o si potrebbe andare o addirittura si vorrebbe: 1) l’impatto sempre più percepibile e misurato dell’azione umana sul pianeta; 2) la complessità che regola i rapporti tra gli uomini, le donne, i popoli, le istituzioni, i Paesi; 3) il riscatto del cosiddetto Sud globale che si ribella al mondo dei ricchi.
In ciascuna di queste traiettorie si possono identificare problemi e soluzioni. Con l’avvertenza che nulla è già scritto e che l’esito della parabola dipende dalla nostra attitudine a interferire con il suo percorso. Certo occorre saper studiare i fenomeni che osserviamo, classificarli e interpretarli. Il che richiede il possesso di qualità non scontate, ma delle quali non possiamo fare a meno se desideriamo avere un ruolo in questa vita.
Se c’è sempre una scelta da compiere e la scelta dipende da noi, allenati a scansare col pensiero laterale tutto quanto ci appaia banale, possiamo immaginare di scrivere il nostro futuro mettendoci dentro le cose che desideriamo e scartando quelle che non vogliamo. Per andare dove vogliamo andare non dobbiamo chiedere ad altri – come Totò e Peppino al vigile di Milano in un celebre film -, ma a noi stessi che diventiamo misura di tutte le cose.
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