I tempi sono questi. Dell’ultima visita della Premier Giorgia Meloni a Caivano il web rilancia e commenta il saluto freddo e ironico rivolto al presidente della Regione Vincenzo De Luca al quale si è presentata come la “str….” di felice memoria riferendosi all’appellativo tributatele dal Governatore qualche tempo fa sia pure in un fuori onda rubato in tv.
Una reazione a freddo e di sicuro effetto mediatico per dimostrare di non avere alcuna soggezione dell’uomo forte del Pd in Campania e di sapersi difendere dalle offese senza lasciarsi condizionare dal suo stato di donna. Anzi, di essere all’altezza di ogni situazione, anche la più imbarazzante, proprio perché orgogliosamente donna.
Ha fatto bene? Ha fatto male? Le risposte sono di tutti i segni possibili e immaginabili. Non avrebbe dovuto usare quel linguaggio per rispetto dell’istituzione che rappresenta… Non poteva fare diversamente, l’onta andava lavata… Avrebbe dovuto scegliere parole diverse… No, ci volevano proprio quelle… Si è abbassata, si è alzata, e così via.
Il fatto è che la polemica sul siparietto, comunque la si pensi o lo si voglia giudicare, ha distratto dal vero motivo per il quale la presidente del Consiglio era nella cittadina dell’hinterland napoletano che tanto ha fatto e fa parlare di sé. Un motivo alto e nobile che è stato in buona parte offuscato, in termini di comunicazione, dall’affondo verbale.
Meloni era a Caivano per celebrare la rinascita di un territorio devastato dall’incuria e dalla criminalità, dove i tanti cittadini per bene erano costretti a soccombere alla prepotenza di pochi bruti e dove si è consumato un odioso stupro di massa a danno di due ragazzine nel sudiciume di un centro sportivo ridotto a un ammasso di rovine.
Quelle rovine si sono nuovamente trasformate nel centro sportivo che erano, messe a disposizione della collettività e dei tanti giovani che ne erano stati privati dall’uso. Quelle rovine tornate a essere un centro sportivo modello saranno d’ora in poi gestite dalle Fiamme Oro della Polizia perché possano credibilmente sottrarsi a un nuovo degrado.
Intestata alla memoria di Pino Daniele, altro elemento unificante e suggestivo, la struttura restituisce speranza e dignità agli abitanti del luogo e dimostra che le cose, quando davvero si vuole, si possono fare. Ed è commovente la reazione del prete che più di ogni altro si è battuto per il riscatto della zona rischiando la vita con le proprie denunce.
Don Maurizio Patriciello non poteva credere ai suoi occhi. Il miracolo, perché di questo si trattava nella sua esperienza d’inascoltato e perfino fastidioso predicatore, si stava compiendo come e meglio l’aveva sempre sognato. Per una volta le promesse sono diventate realtà e restituiscono fiducia nello Stato dopo anni di colpevole abbandono.
Caivano è la metafora di tutte le periferie d’Italia. Perlomeno di quelle dove la gente deve arrangiarsi e piegarsi per sopravvivere anche perché le forze dell’ordine hanno abdicato al proprio compito a difesa dei deboli e della legge. Sembrava inespugnabile quel fortino. Eppure, è bastata la testardaggine della Premier per riprenderne il controllo.
Ora, sarebbe un peccato se questa grande vittoria dovesse rivolgersi in una nuova sconfitta. Le istituzioni, tutte, devono vigilare e operare perché il miracolo resti tale. Di più, perché non si debba più parlare di miracolo ma di nuova normalità. Perché la speranza non sia tradita ma possa funzionare da propellente dovunque ce ne sia bisogno.
Ecco, se un appunto si può muovere all’intemerata della presidente Meloni sta proprio nell’aver consentito che l’attenzione si spostasse dalla straordinaria azione compiuta e dagli inimmaginabili risultati conseguiti all’irrisolto conflitto tra centro e periferia, tra l’autorità nazionale e quella regionale, dando alla rete motivo per divertirsi.
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