È il suo volto più arcigno quello che l’Europa sta mostrando all’Italia alla vigilia del voto per rinnovare il Parlamento di Strasburgo. Lo scandalo riguarda l’assegno unico, cioè il sussidio alle famiglie più bisognose introdotto dal Governo Draghi al posto dei sostegni economici che in precedenza giungevano in molte case attraverso mille rivoli diversi. Successivamente il Governo Meloni era intervenuto per modificare e ampliare l’assegno.
Ma a Bruxelles l’assegno unico non piace e l’euroburocrazia nel febbraio 2023 ha aperto una procedura d’infrazione a carico del governo italiano chiedendo di eliminare i paletti che erano stati posti. L’Unione Europea non accetta il fatto che il sussidio sia destinato ai nuclei che hanno almeno due anni di residenza nel territorio italiano e un figlio a carico: la “vivenza a carico” significa che ne sono esclusi, per esempio, gli extracomunitari genitori di bambini rimasti a vivere nei Paesi d’origine. In base al diritto comunitario, imporre tali argini costituirebbe una discriminazione ingiusta. Secondo i dati dell’Inps, l’assegno unico finora è costato in totale 13,4 miliardi di euro: sono 6,3 milioni le famiglie (per 9,8 milioni di figli) che hanno incassato almeno una mensilità. Allargarne le maglie sarebbe come mettere altro esplosivo nel bilancio dello Stato, estendendo la voragine finanziaria dei nostri conti pubblici. Un provvedimento insostenibile.
Davanti alle proteste italiane, le autorità europee non hanno battuto ciglio. L’iter della procedura non è stato fermato e in questi giorni sarebbe alle porte l’intervento sanzionatorio. Ora per l’Italia il rischio reale è che l’assegno unico venga bloccato del tutto, e con esso anche le vecchie misure di sostegno alla natalità che erano confluite nel nuovo sussidio. I nuovi criteri europei non estenderebbero l’assegno a più persone: lo renderebbero semplicemente impossibile da erogare. È l’Europa che ci manda il suo biglietto da visita alla vigilia del voto europeo, quasi uno schiaffo ai cittadini. Come dire: volenti o no, a Bruxelles si va avanti così. Zero lungimiranza: alle nuove condizioni, infatti, l’allarme natalità è destinato a rimanere senza politiche di sostegno. Ma mentre protestava in tv da Nicola Porro, Giorgia Meloni non sapeva ancora che l’Europa stava per rifinanziare gli aiuti di Stato per l’energia rinnovabile. La misura, in vigore fino al 31 dicembre 2028, sarà finanziata con un prelievo dalle bollette per un massimo di 35,3 miliardi di euro. Sì al “green”, no al sostegno per la natalità. Anche l’Italia è servita.
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