STOCCARDA – Ha suscitato scalpore in Germania un video recentemente circolato sui social, in cui si vedono persone che scandiscono slogan razzisti davanti al club “Pony” nell’isola di Sylt, già nota alle cronache mondane per avere ospitato le nozze del ministro delle Finanze Christian Lindner. Nella registrazione, che dura solo pochi secondi, alcuni giovani gridano “fuori gli stranieri” e “Germania ai tedeschi” sulle note della canzone “L’amour Toujours” di Gigi D’Agostino. Un tizio sembra mimare i baffi di Hitler con le dita sul labbro superiore, sotto lo sguardo indifferente degli avventori del locale. La polizia dello Schleswig-Holstein ha aperto un’indagine per incitamento all’odio e di utilizzo di simboli (nazisti) di organizzazioni incostituzionali.
A parte i casi estremi e/o orchestrati da estremisti, leggendo i commenti sui vari social si percepisce una certa insofferenza verso la colonizzazione dei centri storici da parte di ristoranti e locali di derivazione non tedesca. Un atteggiamento simile a quello percepibile in molti Paesi europei, Italia inclusa. I flussi migratori che hanno interessato l’Europa hanno modificato il tessuto sociale del Vecchio continente, portando a una crisi di identità delle popolazioni autoctone. I risultati delle elezioni europee daranno la misura della profondità della crisi e del risentimento a essa correlato.
Il problema è che lo slogan “fuori gli stranieri” non è compatibile con la situazione del mercato del lavoro, che soffre per carenza di manodopera. Le nazioni che hanno deciso di fare a meno dell’immigrazione non se la passano benissimo. Il Giappone, ad esempio, la cui economia sta andando a rotoli, con lo yen in fase di crollo verticale. Una situazione favorita dal differenziale dei tassi di interesse con Europa e Stati Uniti, che la banca centrale non può contrastare perché un aumento del tasso farebbe esplodere i costi di finanziamento del debito pubblico monstre (250% del Pil). Anche un’altra isola con tendenze isolazionistiche (la Gran Bretagna) non vive un momento particolarmente felice: dalla Brexit (2016) la sterlina si è svalutata del 25% rispetto all’euro. “Welcome to Britaly”, come ebbe a titolare l’Economist.
Ma anche sull’Europa continentale incombe un weltgeist negativo. Durante una recente visita di Emmanuel Macron in Germania, il Presidente francese e il Cancelliere Olaf Scholz hanno invocato un maggiore coordinamento delle politiche economiche dell’Eurozona, che rischia di rimanere indietro in termini di crescita economica, soprattutto rispetto a Stati Uniti e Cina. Il Cahiers de doléances europeo include un mercato dei capitali frammentato, una popolazione che invecchia, una politica commerciale inconsistente e prezzi energetici fuori controllo.
Il nanismo europeo si riflette anche nella classifica di Fortune Global 500, che comprende le 500 aziende più grandi del mondo per fatturato. Dal 2001 si è verificato un cambiamento significativo nella distribuzione geografica delle aziende in classifica. La novità più significativa è rappresentata da un rapido aumento del numero delle società cinesi, che erano 10 nel 2001 e hanno raggiunto quota 135 nel 2023. Nello stesso periodo il numero delle società con sede in Europa è invece sceso da 158 a 143 (l’Italia è uscita dalla top 10).
L’Europa sembra quindi trovarsi in una situazione simile a quella del basso impero romano, caratterizzata da cittadini viziati e svogliati, che si trastullano con lavoretti part-time e rifuggono dalle responsabilità. Con questo andazzo, l’Europa potrebbe diventare un gigantesco villaggio turistico o un parco dei divertimenti, a uso e consumo dei nuovi padroni del mondo. Un destino tutto sommato non così drammatico, che però non dobbiamo dare per scontato. Infatti, bisogna fermare i barbari, che premono ai confini in modo bellicoso.
Finora agli ucraini era vietato l’uso di armi di produzione tedesca per attaccare l’esercito di Putin sul suolo russo. In futuro, l’Ucraina potrà colpire la Russia con armi tedesche, almeno per la difesa della città ucraina di Kharkiv. Il portavoce del Governo tedesco Steffen Hebestreit ha elaborato il concetto: “Nelle ultime settimane, la Russia ha preparato, coordinato ed effettuato attacchi, in particolare nell’area di Kharkiv, da posizioni nella zona di confine russa immediatamente adiacente”. Dopo una lunga pausa, la linea rossa si è quindi rimessa in movimento…
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