C’è un convitato di pietra in queste elezioni europee 2024, e si chiama Ucraina. Dalle urne che si chiuderanno stasera usciranno anche indicazioni sull’atteggiamento che l’Unione avrà nei confronti di Kiev e del sostegno contro l’invasione russa. Molto dipenderà dagli equilibri che gli elettori disegneranno, perché se dovessero andare a premiare le forze euroscettiche (situate a destra, ma anche a sinistra), l’approccio di Bruxelles potrebbe dover cambiare.
Sinora, sotto la spinta di Ursula von der Leyen, i 27 si sono dimostrati molto uniti e attivi nel sostegno alla casa del vicino aggredito. Sanzioni su sanzioni (per la verità assai poco efficaci), sostegno finanziario e anche sul piano della fornitura di armamenti (anche se quest’ultimo aspetto è lasciato essenzialmente ai rapporti bilaterali). Un sostegno netto, nonostante la presenza di un “frenatore” dichiarato, come il premier ungherese Orbán. Il governo di Budapest ha fatto di tutto per mettere i bastoni fra le ruote, ma con l’unico risultato di far perdere tempo.
Anche la contesa italiana – dove solo il 32% è favorevole all’invio di armi, dati Ipsos 1 marzo 2024 – è influenzata da questo fattore. Le parole di Salvini contro Macron, fautore dell’invio di truppe in Ucraina (“criminale e instabile, vada lui in guerra”), non sono passate inosservate. Ma di pacifismo intriso di no a nuovi invii di armi all’Ucraina sono piene anche le dichiarazioni dei 5 Stelle di Conte e della lista Verdi-Sinistra, che si è vantata nella propria propaganda elettorale di non aver mai votato a favore delle misure di sostegno a una nazione fatta oggetto di una proditoria aggressione da parte della Russia. Non solo: contro le armi a Kiev si sono dichiarati anche due dei candidati di punta del Pd targato Schlein, Cecilia Strada e Marco Tarquinio.
E questo aggiunge un elemento al nostro ragionamento: le famiglie politiche europee sono raggruppamenti blandi, che difficilmente riescono ad esprimere linee politiche chiare. E quindi nel PSE di Scholz, favorevole all’uso di armi NATO per colpire il territorio russo, potrebbero tranquillamente sedere anche i pacifisti Strada e Tarquinio. Un certo stridore, senza dubbio, visto che c’è un altro premier importante aderente al PSE favorevole ad aumentare il sostegno a Kiev, lo spagnolo Sánchez.
I più convinti sull’appoggio da incrementare sembrano i popolari e la famiglia liberale (quella cui appartiene Macron), che tradotto nella politica di casa nostra significa Forza Italia da una parte, e Azione e Stati Uniti d’Europa dall’altra. Ma anche la quasi totalità conservatori, a cominciare da Giorgia Meloni, non sembrano tentennare, anche se magari diverge la valutazione sull’impegno militare diretto, quello adombrato dal presidente francese, quella che ha provocato la reazione durissima di Salvini.
Come si ripercuoterà tutto questo sull’emiciclo di Strasburgo? Se ci sarà il ventilato lieve spostamento a destra del baricentro della politica continentale, appare possibile che l’asse politico imperniato sulla triade PPE-PSE-Liberali possa allargarsi ai conservatori, magari per compensare quelle sacche di perplessità che abbiamo visto esserci nel PSE. È lo spazio politico in cui non fa mistero di volersi inserire la premier italiana, per non rimanere isolata e all’opposizione, che ha giocato tutte le sue carte su una conferma di von der Leyen alla guida della Commissione europea.
Di converso, cresce l’ipotesi che la pregiudiziale ucraina tenga lontano dal cuore delle decisioni da una parte Identità e Democrazia (Salvini e Le Pen) e dall’altra Verdi e formazioni di sinistra. Certo, al parlamento europeo le maggioranze si formano di volta in volta e sui singoli temi. Ma intorno all’atteggiamento da tenere nei confronti di Kiev (e di conseguenza nei confronti della Russia di Putin) passano delle linee rosse che delineeranno gli equilibri futuri dell’Europa e la sua stessa identità a medio e lungo termine. Un punto da tenere sotto stretta osservazione.
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