Elly Schlein ha vinto. Senza alcun dubbio. La sua posizione di radicale opposizione alla Meloni, i suoi esagerati richiami alla radicalità della sinistra sono stati utili e fruttuosi. E con lei in queste elezioni europee 2024 vince l’Alleanza tra Verdi e Sinistra, tanto che la somma di Pd e Avs arriva al 30%, ovvero un elettore su tre esprime una preferenza chiara per una sinistra che sembrava sepolta e non più nel cuore degli elettori.
Certo ha giocato la gara con la Meloni e la radicalizzazione tra le due oppositrici. Ma anche questo è stato un gesto politico voluto e cercato. È servito a far fuori Conte e i 5 Stelle, che con le loro posizioni ambigue non hanno più l’appeal dei bei giorni andati. E chi sta nel mezzo, come Calenda e Renzi, peraltro divisi e litigiosi, si riduce a numeri del tutto incoerenti con le loro ambizioni.
Il fatto è politicamente molto rilevante, non tanto per la rinascita della sinistra, quanto per il fatto che le basi fondanti sono apparentemente più mature su alcuni temi. A partire dal fatto che il Pd non pare pagare pegno per le scelte sull’Ucraina e neppure per le vicende di Gaza. Le liste di disturbo, che avevano punto tutto su questo, racimolano quasi niente. Anzi, pare chiaro che la sinistra, nel suo elettorato, è chiaramente atlantista e per nulla a disagio con le posizioni espresse sul tema dalla sua leadership.
Anche i 5 Stelle non ricavano molto dalla loro campagna per fermare l’appoggio all’Ucraina, tema declinato con la solita correlazione tra sprechi di denaro per le armi e bisogni quotidiani.
Pare abbia sfondato, a sinistra, la linea del richiamo al voto contro la destra, senza confondere quel voto con la presenza in Europa e nel consesso internazionale chiaramente a favore delle pozioni americane. Questo rafforza ancora di più la Schelin, che ora è in grado di guidare il partito senza più sgambetti interni, avendo di fatto obliterato la vecchia componente renziana che resta nel Pd con un ruolo di minoranza.
Il clima generale di radicalizzazione ha funzionato e verrà usato nei prossimi mesi per preparare l’assalto al governo, contando sul fatto che il Pd sarà il gruppo di maggioranza relativa nei socialisti. Gruppo che andrà al governo dell’Europa con il Ppe. Non poca cosa. Vuol dire avere agganci e presenza in Europa utili al futuro assalto.
Inoltre la vittoria del Pd mette in crisi nera Conte. La sua strategia di smarcarsi a livello locale, di attaccare il Pd alle spalle in più occasioni non sfonda. Anzi. Lo penalizza come alleato infido e poco chiaro, mettendo a repentaglio la sua leadership ed il consenso dei suoi.
Ora si dovrà aprire una fase di chiarezza. O una costituente dell’ex “campo largo” per il Governo, che abbia il Pd ed Elly come leader indiscussa, o una fase di guerra totale per svuotare il potenziale alleato nemico. Ed Elly potrà stare a guardare e giocare di rimessa. Tocca a Conte muoversi. Gli elettori hanno dato al Pd lo scettro dell’opposizione e lo candidano al governo senza alcun dubbio prendendolo ai 5 Stelle. Ed anche i moderati di Renzi e Calenda sono al bivio. Fallito lo smontaggio di Forza Italia, persa la speranza di scalare la vetta in pozione equidistante, o si accomodano accanto al Pd o restano ininfluenti. Sarà una fase di gran travaglio e di grande riflessione. Nessuno può pensare più ad un cartello elettorale per governare il Paese senza avere la guida nel Pd. Schema ormai noto e che dovrebbe far riflettere chi ha scelto di uscirne e lasciare il campo ad altri.
Resta il fatto che questo risultato dice anche che il Pd non ha la maggioranza nel Paese e per arrivarci deve allargare i suoi confini e mettere in conto una fase di costruzione di un’alleanza che parte da una certezza. Ovvero il rapporto con Avs, che ha ottenuto un ottimo risultato ma è su posizioni che andranno gestite sul tema della guerra in Ucraina in modo che non sia refrattario all’elettorato di centro. Elettori a cui proporre un qualcosa che superi Renzi e Calenda, che hanno dato pessima prova non solo elettorale ma soprattutto di rapporto con il Pd.
Dopo queste elezioni europee 2024 la vera gamba necessaria per vincere va quindi costruita. Che siano necessari i 5 Stelle pare scontato, leggendo i numeri. Ma la politica ci racconta altro. Conte deve accettare il ruolo di gregario e cambiare i toni del dialogo con il Pd, se vuole costruire una coalizione elettorale, ma la storia sua e di quel movimento dicono che spesso gli spostamenti sono repentini e la coerenza nelle alleanze non è un grande valore per loro. Perciò proverà a fare ancora la sua corsa solitaria fino alla fine, con molta probabilità, e solo un intervento del suo fondatore, quando sarà il momento, dirà davvero dove si vuole arrivare, se a fondere o meno i destini elettorali del Pd e dei 5 Stelle per il governo.
Ma ora è il momento di Elly Schlein e dei suoi, che si sono guadagnati i galloni sul campo in queste elezioni europee con una campagna giocata tutta sulla legittimazione che la Meloni le ha dato come antagonista. Questo basta a placare i moti carbonari interni che erano pronti a farle lo scalpo se le cose fosse andate diversamente. Ora ha tempo per gestire questa affermazione e avere in mano il pallino per i prossimi mesi. Dovrà solo stare attenta a leggere bene le mosse dei potenziali alleati e capire se prevarrà la voglia di governo (che dovrà far venire ai suoi potenziali compagni di strada) o se gli interessi di parrocchia metteranno in crisi il progetto di scalzare la Meloni da Palazzo Chigi.
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