TRE RINVII A GIUDIZIO PER L’INCHIESTA “BIBBIANO BIS” A TORINO: I FATTI FINORA
Il gup di Torino Stefano Sala ha rinviato a giudizio tre persone per l’inchiesta nota come “Bibbiano bis”, un presunto nuovo scandalo affidi di minori presso l’area della città piemontese: dopo l’assoluzione in Cassazione a Reggio Emilia dello psicoterapeuta Claudio Foti per la prima inchiesta su Bibbiano (prosegue però il processo ordinario per 17 imputati), l’ex moglie Nadia Bolognini e una coppia di madri affidatarie omosessuali sono state rinviate a giudizio con le accuse a vario titolo di abuso d’ufficio, falso, frode processuale, accesso abusivo al sistema informatico, truffa ai danni non solo dei genitori biologici, ma anche del Comune di Torino.
L’accusa principale avanzata dalla Procura torinese è che a cominciare con il lontano 2013, venissero organizzati degli affidi di bimbi “pilotati”, facendo pressioni sugli stessi minori per denunciare presunti abusi in modo da poterli allontanare dai genitori biologici. La vicenda nasce da due fratellini di origine nigeriana, secondo i pm, indotti a credere di avere subito abusi sessuali in famiglia: così era scattato l’immediato allontanamento per finire ad una coppia di donne LGBTQ, dopo un solo colloquio: step saltati, garanzie minime, frodi a più livelli e bugie raccontate alla famiglia d’origine, come ad esempio il tenere nascosto che i figli sarebbero stati mandati da due mamme affidatarie. La denuncia è stata presentata oltre alla famiglia nigeriana anche da alcuni ex dirigenti dei servizi sociali, a colloquio per settimane con la procura e gli inquirenti per raccontare cosa sarebbe avvenuto nel sistema “simile a Bibbiano” (vista anche la presenza di alcuni funzionari presenti già nella prima inchiesta sui presunti affidi illeciti).
GUP TORINO PROSCIOGLIE I SERVIZI SOCIALI MA NON IL PRESUNTO “SISTEMA” DI AFFIDI ILLECITI. GOVERNO VERSO COMMISSIONE D’INDAGINE
«Più affidi fai, più sei bravo»: così il sistema presunto di frode a Torino comunicava ai dipendenti dei servizi sociali che se si fossero concluse più assegnazioni di bimbi a genitori affidatari, più vi sarebbero state conseguenze positive anche sul profilo delle buste paga. Nel verbale choc dell’inchiesta “Bibbiano bis”, l’ex dirigente racconta di aver cambiato lavoro perché non riusciva più a tollerare quanto vedeva e sentiva ogni giorno sul luogo lavorativo: «sentivamo la pressione da parte dei dirigenti, volevano che aumentassimo gli affidi anche perché la Casa fido era considerata il fiore all’occhiello del Comune di Torino».
Amministrazione di Centrosinistra da diversi anni, il capoluogo piemontese si ritrova invischiato in una brutta vicenda che dovrà essere chiarita a processo: bypassare iter formali di affido, allontanamenti forzati e – almeno nel caso dei due fratelli nigeriani – anche induzione di abusi inventati per poter denunciare la famiglia e applicare l’assegnazione ad altri affidatari. Il Comune stesso non viene preservato dalle accuse, con l’ex dirigente dei servizi sociali che sottolinea agli inquirenti – come riporta oggi “La Stampa” nel vasto reportage sul rinvilio a giudizio a Torino – «il Comune di Torino nelle buste paga aveva inserito cartoncino per dare informazioni ai dipendenti sulla possibilità di prendere in affido minori». A processo andrà Nadia Bolognini, ex moglie di Foti, e le due madri affidatarie LGBTQ: secondo l’inchiesta, si sarebbe scoperto un «fallimentare prodotto di un sistema pubblico di cura e protezione dei minori che non è riuscito a tutelare in pienezza il benessere psicofisico dei due bambini ne primi anni di vita». Il gup Sala ha invece archiviato le posizioni dei dipendenti del Comune torinese così pure gli operatori dei servizi sociali: «va radicalmente sgomberato il campo dall’idea che le operatrici dei servizi sociali del Comune di Torino abbiano enfatizzata una condizione di disagio di scarsa o ridotta rilevanza su un bambino dato in affido al solo scopo di favorirne lo sradicamento dal suo ambiente familiare di origine», spiega il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Torino. Per tanti prosciolti, ve ne sono 3 rinviati a giudizio che dovranno spiegare le loro versioni dei fatti: finora resta la denuncia una dipendente dell’area minori fatta ai magistrati, «venivo indotta ad adottare certe soluzioni», si legge nelle carte pubblicate da “La Stampa”, «la tendenza è vedere l’abuso anche dove non c’è, ne sono a conoscenza molte persone eppure i dirigenti dei servizi sociali che sanno non se ne sono occupati. C’era una lettura forzata dei sospetti di abuso sessuale».
La vicecapogruppo FdI alla Camera, Augusta Montaruli, ha chiesto che il caso di presunti affidi illeciti a Torino possa giungere fino ad una Commissione d’indagine: «Mancanza di regole chiare, possibili conflitti di interesse, ed in alcuni casi un’impostazione ideologica incapace di mettere davvero i bambini al primo posto», spiega in una nota la parlamentare originaria di Torino, «Le indagini della magistratura ora sembrano chiarire il vero motivo di alcune di queste anomalie, che risultano ancora più inquietanti se si pensa che in Piemonte il costo del sistema degli affidi assorbe dalle casse pubbliche 12 milioni all’anno. Per questo motivo in andremo fino in fondo». È la stessa Montaruli ad aver poi annunciato di aver scritto alla Commissione parlamentare affidi della Camera «perché il caso Torino sia ulteriormente approfondito e si accolga l’auspicio di Procura e Tribunale».