Mentre era ormai agli sgoccioli, il processo nato sulla scia del blocco della nave Ong per migranti Open Arms da parte dell’allora Ministro degli Interni Matteo Salvini – accusato di sequestro di persona per aver impedito per settimane lo sbarco a richiedenti asilo ed attivisti della Ong – potrebbe presto ottenere un nuovo (intricato) capitolo. Proprio oggi, infatti, in quel del tribunale di Palermo la procuratrice aggiunta Marzia Sabella – che sostiene l’accusa contro Matteo Salvini assieme ai Pm Calogero Ferrara e Giorgia Righi – ha citato tre ex poliziotti che non sarebbero direttamente coinvolti nel processo Open Arms, ma che furono testimoni chiave del concluso (con il proscioglimento di tutti gli imputati) processo cosiddetto sui ‘taxi del mare‘.
Due dei tre ex agenti citati, secondo quanto ricostruito in Tribunale, sono stati destituiti dal servizio in seguito ad alcuni procedimenti disciplinari, mentre il terzo è andato nel frattempo in pensione: all’epoca dei fatti in esame i tre erano già ex poliziotti – quindi nel 2017, due anni prima della questione Open Arms che oggi coinvolge il ministro Salvini – e lavoravano come guardie private per conto della Imi Security Service su alcune Ong.
Cosa c’entrano gli ex poliziotti con Matteo Salvini e con il processo Open Arms
Proprio a bordo delle navi – ma non è chiaro se abbiano mai lavorato anche sulla Open Arms – i tre ex poliziotti avevano confezionati alcuni filmati e delle fotografie che sarebbero poi state inviate alla Lega e al ministro Salvini in persona: anche qui occorre una precisazione, perché seppur sia stato chiarito il loro intento di far ricevere il materiale al Carroccio, non c’è alcuna conferma che questo sia stato ricevuto, accettato o anche solo discusso con persone vicine al leader leghista. Proprio per chiarire quest’ultimo punto i tre ex poliziotti dovrebbero – secondo i Pm – essere ascoltati come teste durante una nuova seduta del processo Open Arms, ma si attende ancora una conferma da parte dei difensori di Matteo Salvini.
La cosa interessante della questione è che quei video e quelle immagini catturati dalle finte guardie private – che sono l’accusa palermitana operavano come dei “veri e propri infiltrati“, non è chiaro per conto di chi – diedero il via al processo trapanese sui ‘taxi del mare’ e visto che tutti gli imputati sono stati dichiarati non colpevoli si può dedurre (logicamente) che le testimonianze dei tre ex poliziotti finite presumibilmente nelle mani di Salvini ed ipoteticamente collegate al caso Open Arms fossero solamente dei falsi creati da arte.
I legali di Salvini: “Il vicepremier è sempre stato corretto e trasparente”
Per comprendere meglio la questione degli ex poliziotti, di Salvini e di come tutto questo si colleghi al processo Open Arms vale la pena fare riferimento nuovamente alle parole di Marzia Sabella. I tre, infatti, avrebbero chiesto dei favori al leader leghista in cambio del materiale falso e – fermo restando che non si sa se questi abbia accettato – l’ipotesi dell’accusa è che tutto questo dimostrerebbe che il ministro Salvini non volle far sbarcare i migranti della Open Arms non per “impedimenti tecnico-giuridici” ma per il “perseguimento di una proficua campagna elettorale volta ad acquisire consenso. L’interesse della Lega e Salvini – ha continuato la Pm – era avere queste informazioni e di farne uso in campagna elettorale”.
Dall’altra parte della figurativa barricata, invece, si posiziona la difesa del leader del Carroccio che ricordando come i comportamenti del ministro “siano stati sempre trasparenti”, ritiene che fosse all’epoca “doveroso ascoltare e denunciare pubblicamente” ciò che i tre ex poliziotti avevano da dire e pertanto “non c’è alcuna novità ma la conferma del comportamento trasparente e coerente dell’attuale vicepremier”. Ora la palla è nelle mani della difesa di Salvini, che entro il 12 luglio dovrà decidere se intendere accettare o meno i tre ex poliziotti tra i teste del nuovo processo Open Arms.