L’invito dell’Ucraina a Cina e Brasile, a conclusione della conferenza di pace voluta da Kiev e tenuta in Svizzera, perché giochino un ruolo in una eventuale trattativa, in realtà vuole solo spaccare i BRICS. Ma di fatto ora la fine della guerra con i russi non sembra più così impossibile. L’Occidente pare considerare finalmente che Mosca ha un grosso vantaggio dal punto di vista militare e realisticamente si comincia a pensare di invitare la dirigenza russa a un tavolo. Prima che succeda probabilmente dovrà passare ancora del tempo, ma almeno la prospettiva di un cessate il fuoco, osserva Marco Bertolini, generale già comandante del COI e della Brigata Folgore in diversi teatri operativi dall’Afghanistan al Kosovo, è più credibile di prima.
Accanto a questo, però, ci sono altri segnali che fanno temere un’escalation: la Danimarca che vuole limitare l’accesso delle petroliere russe nel Mar Baltico e il segretario della NATO Jens Stoltenberg che annuncia il progetto di schierare più armi nucleari in funzione anti-Russia e Cina. La prima idea porterebbe ancora di più a dividere la Russia dall’Europa; la seconda indurrebbe i russi a pensare di attaccare per primi per evitare rischi nucleari sul loro territorio.
Dopo la conferenza di pace in Svizzera, Zelensky ha detto che l’Ucraina ha bisogno di una Cina amica, mentre la sua ministra degli Esteri, Iryna Borovets, vorrebbe che il Brasile (uno dei Paesi che non hanno firmato il documento finale dell’incontro) fosse più coinvolto nei negoziati. La pace passa attraverso i BRICS?
Non direi. C’è piuttosto il tentativo di rompere questa alleanza alternativa, che è la vera iattura che USA e UE stanno cercando di evitare, sperando che da alleanza formale non diventi esclusiva. Per ora è solo un’unione di interessi, ma potrebbe diventare pericolosa, magari con una sua valuta o con il rifiuto del dollaro come moneta per le transazioni internazionali. La Cina, però, non è molto sensibile a certi inviti: nell’incontro fra Putin e Xi Jinping i due Capi di Stato si sono abbracciati, certe manifestazioni di calore umano a quel livello normalmente non si vedono. La Cina, insomma, ha ribadito che sostiene la Russia. Per quanto riguarda il Brasile si sta cercando di portarlo su posizioni filo-occidentali. Teniamo conto, comunque, che stiamo parlando delle proposte di Zelensky, che in realtà conta molto poco: viene utilizzato per fare la guerra alla Russia e in questi contesti per spaccare quella specie di comunità di intenti che si sta creando intorno ai BRICS.
Ma per arrivare alla pace in Ucraina c’è bisogno della Cina?
Bisogna vedere cosa si intende per pace. Lo ha detto anche la Meloni: non significa necessariamente resa. Ma questo vale per entrambi i contendenti, non solo per l’Ucraina. Non si può pensare che la Russia rinunci ai suoi interessi solo perché qualcuno pensa che la pace debba passare attraverso la sua resa. Se la Cina assumesse una posizione di disinteresse nei confronti della Russia, per Mosca ci sarebbe qualche problema in più dal punto di vista economico-commerciale ma anche militare. Insomma, la Cina è necessaria se per pace si intende la resa della Russia.
La risposta dei cinesi agli ucraini richiama la posizione di 100 Paesi che, secondo Pechino, condividono le tesi del Dragone e che pensano che la pace abbia bisogno della partecipazione di tutte le parti e la discussione equa di tutti i piani di pace. In concreto cosa significa?
La Cina è stata una delle prime nazioni a presentare un piano per mettere a tacere le armi; è ovvio che un progetto di pace, impresa di alta ingegneria politica, non può non passare attraverso un rapporto fra le parti in causa, a meno che non si dica, appunto, che una delle due si deve arrendere. Come è possibile una conferenza di pace in cui manca la Russia?
A questo proposito, il portavoce del governo tedesco ha riferito che, secondo Scholz, la Russia va invitata alla prossima conferenza di pace e anche la Le Pen, in predicato di vincere le prossime elezioni francesi, ribadisce che bisogna parlare con Mosca. Finalmente si inizierà a discutere di come porre termine al conflitto?
La situazione sul campo volge a favore della Russia: registra perdite importanti, ma è all’offensiva a Chasiv Yar, da Avdiivka è riuscita a penetrare verso nord-ovest. Sta spingendo. Stanno arrivando aiuti all’Ucraina, ma prima che si traducano in azioni sul campo ne passa. Ci vuole addestramento e la capacità di trasformare le finanze in strumenti per combattere, in armi e munizioni.
Però almeno adesso si parla di una trattativa.
Sì, con grande prudenza. I toni ultimativi non vengono più usati. Tutti giurano il loro supporto all’Ucraina fino a quando sarà necessario, ma non si sente più dire fino alla sconfitta della Russia.
Ci sono tuttavia segnali che vanno in direzione opposta: la Danimarca sta pensando di limitare il passaggio delle petroliere russe dal Mar Baltico. Quanto è pericolosa questa iniziativa?
Nel Mar Baltico c’è una situazione analoga a quella del Mar Nero, anzi più grave. Nel Mar Nero molte coste sono appannaggio di Paesi NATO; portare l’Ucraina nell’Alleanza significherebbe renderlo completamente disponibile a nazioni del Patto Atlantico. Il Mar Baltico, invece, è già un mare NATO: da quando Svezia e Finlandia hanno abbandonato la loro neutralità la flotta russa di Kaliningrad è circondata da Paesi dell’Alleanza. Se la Danimarca attuasse una limitazione del passaggio delle petroliere, questo potrebbe essere un motivo di guerra. Anche San Pietroburgo è nel Mar Baltico, sarebbe anch’essa fuori dal mondo. Il grande disegno, d’altra parte, è di tagliare la Russia fuori dall’Europa; la guerra è stata fatta per questo, non per il Donbass ma per ridurre le potenzialità russe, così come quelle della Germania.
Intanto il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha detto che si sta pensando di schierare più armi nucleari per far fronte alla minaccia di Russia e Cina. Che conseguenze può avere un progetto del genere?
Stoltenberg da sempre preme sull’acceleratore, da lui non sono mai arrivate parole di pace o inviti alla prudenza, ha sempre spinto per l’escalation. E questa è un’altra di queste spinte. Si ostina a non considerare le istanze della Russia, che ritiene il male assoluto. Ma se si arrivasse a schierare queste armi sarebbe un invito ai russi perché intervengano per primi. Le armi tattiche NATO sarebbero in grado di colpire Mosca, cioè viste da Mosca apparirebbero una minaccia enorme. Mentre i russi, per colpire New York o Washington, dovrebbero usare armi nucleari strategiche, scatenando una guerra nucleare tra superpotenze, cioè la distruzione completa.
Secondo lei alla fine la pace è una prospettiva possibile?
Credo che tutti stiano facendo i conti con la realtà, cioè con il fatto che la Russia sta vincendo. Gli USA si avvicinano alle elezioni di novembre con una guerra persa sul campo e vogliono almeno abbassare i toni. Spero che si cominci veramente a parlare di pace, una speranza che si basa su fatti più concreti di prima.
(Paolo Rossetti)
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