Le credenze sul redditometro ancora oggi sono variegate: tra chi crede che sia stato abrogato e chi invece è conscio del fatto che questo strumento non è mai stato eliminato. Eppure il Governo avrebbe dovuto far maggior chiarezza al riguardo.
Questo strumento fiscale indica la capacità – reale – di un contribuente sulla base di quanto percepisce. Il redditometro valuta qualsiasi spesa: dalle barche di lusso alle iscrizioni presso le palestre.
Il redditometro è davvero abrogato?
La storia del redditometro non è chiara a tutti: è nato per la prima volta nel 1973, poi istituito dal Governo Renzi nel 2015 e abrogato dal Governo Conte I nel 2018. Poi ancora è riapparso nel 2019 «per definire un nuovo decreto attuativo che rispetti la privacy e garantisca il contribuente».
Uno storico travagliato insomma, e questo giustificherebbe il motivo di tanta confusione. A darne ulteriore conferma è il il direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Ruffini, che in una recente intervista ha spiegato:
«Il redditometro non è mai eliminato. Si tratta di uno strumento residuale che però non è mai stato abrogato, ,ma soltanto sospeso in attesa di indicatori più attendibili a tutela dei cittadini onesti. Viene usato quando non abbiamo alcun elemento per ricostruire i redditi degli evasori totali, che non presentano la dichiarazione, ma hanno una significativa capacità di spesa».
Il Vice Ministro Maurizio Leo – in occasione delle elezioni europee – è finito in un caos politico senza precedenti. È lui stesso a spiegare a Mario Sensini che in realtà dal 2018 vi è un vuoto normativo in quanto il redditometro non è mai stato abrogato ma soltanto sospeso in attesa che la Corte dei Corti valutasse nuovi “criteri induttivi“.
Questo strumento è ancora in vita per il semplice fatto di voler essere dalla parte dei contribuenti onesti, e cercare piuttosto di farla pagare agli evasori fiscali. Sarà dunque il prossimo consiglio dei ministri a stabilire il futuro del redditometro, dove al momento la premier Meloni insiste per “sospenderlo”.