Ong contro governo sui migranti. E il palcoscenico torna a essere quello delle aule giudiziarie, in particolare il Consiglio di Stato, che ha sospeso l’invio di sei motovedette alla Guardia costiera tunisina pronunciandosi in merito al ricorso contro una sentenza del Tar del Lazio presentato da Asgi, Arci, ActionAid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet. Per giudicare nel merito è stata fissata una Camera di consiglio l’11 luglio, nel frattempo però è stata presa una decisione che va nel senso di quanto esposto dalle associazioni, secondo le quali, riferendosi anche a pronunciamenti Onu, in Tunisia non sono rispettati i diritti umani dei migranti.
In attesa di un verdetto definitivo, la prospettiva di una conferma del provvedimento mette in dubbio gran parte delle politiche europee e italiane, Piano Mattei compreso, nei confronti del Paese governato dal presidente Saied. Il rischio, spiega Michela Mercuri, docente di cultura, storia e società dei Paesi musulmani nell’Università di Padova, è che senza aiuti occidentali Tunisi finisca nell’orbita di Mosca. I russi non aspettano altro per consolidare la loro presenza nel Nordafrica: sono già saldamente presenti in Libia e Algeria.
Il Consiglio di Stato sospende l’invio di sei motovedette alla Tunisia, chiesto dalle associazioni perché le autorità tunisine non rispetterebbero i diritti umani dei migranti. Su cosa si basano le motivazioni del ricorso? Questa fornitura rischierebbe di sostenere certe modalità sbrigative usate da Saied con i migranti stessi?
Il ricorso si basa sulla presa di posizione di alcune Ong secondo le quali, nonostante quanto dichiarato dal governo italiano, la Tunisia non sarebbe un Paese sicuro, con arresti arbitrari e violenze nei confronti dei migranti. Saied non ha avuto sicuramente un atteggiamento morbido nei confronti dei migranti subsahariani, ma è anche vero che gli italiani in questi anni, anche grazie al Memorandum UE-Tunisia, hanno lavorato per stabilizzare il Paese, per supportarlo con progetti economici e di formazione, guidati dall’idea che a un maggiore benessere interno corrisponda una maggiore stabilità e sicurezza. Se non fornissimo queste motovedette, Saied probabilmente si staccherebbe dal rapporto privilegiato con l’Italia e l’Europa: la situazione interna del Paese potrebbe peggiorare, così come la condizione dei migranti subsahariani. È importante tenere un piede in Tunisia anche per questo motivo. La mancanza di questa fornitura rischierebbe di favorire tutte le organizzazioni criminali che lucrano sul traffico dei migranti. Con le motovedette, invece, ci sarebbe un maggior controllo.
Il Tar del Lazio, respingendo il ricorso in prima istanza, si era rifatto alle decisioni comunitarie, messe nero su bianco nel Memorandum UE-Tunisia del 2023, che prevedevano aiuti europei per il controllo dei flussi. Se il Consiglio di Stato, entrando nel merito, desse ragione alle Ong, salterebbe il piano dell’Unione Europea?
Secondo le associazioni che hanno impugnato la sentenza del Tar, il Memorandum, pur essendo una modalità tipica dei rapporti diplomatici, non ha un valore legale. È un documento che può essere messo in discussione. Il piano della UE però in questo caso potrebbe incontrare grandi difficoltà, soprattutto per quanto riguarda l’atteggiamento di Saied. Senza le motovedette, il presidente tunisino potrebbe essere tentato di valutare il supporto di altri attori, come la Russia.
I russi hanno già dato prova di essere interessati anche alla Tunisia?
Proprio in questi giorni velivoli russi sono atterrati all’aeroporto di Djerba. Una Russia molto più vicina alla Tunisia, ma anche all’Algeria grazie alle forniture di grano, sarebbe una tentazione molto forte per Saied. Se la sentenza venisse confermata, l’opera dell’Italia e dell’Europa verrebbe fortemente depotenziata. Si rischia di perdere il lavoro svolto almeno nell’ultimo anno.
La Tunisia ha appena istituito la sua zona Sar, di sua competenza per la ricerca e il soccorso in mare. C’è il rischio che anche questa decisione, con un sostegno della UE eventualmente bloccato dai giudici, rimanga sulla carta, diminuendo i controlli e le possibilità di intervento su barchini e barconi?
Temo proprio di sì. La zona Sar rispetta precisi criteri internazionali, stabiliti dalla convenzione di Amburgo del 1979. Se la Tunisia non viene riconosciuta porto sicuro, se non venissero fornite le motovedette, ogni collaborazione tra zone Sar di Italia e Tunisia verrebbe a mancare. Avremmo un mare non disciplinato, in cui i trafficanti e le organizzazioni criminali la farebbero da padrone. Sarebbe un’area sempre più incontrollata, con sempre più morti. Un minore controllo sulle coste significa minore controllo su tutte quelle piccole imbarcazioni che sfuggono ai radar e che partono dai porti tunisini.
Quanto può incidere la mancata fornitura delle motovedette alla Guardia costiera tunisina sull’arrivo dei migranti sulle nostre coste? Potrebbe di fatto favorire la ripresa degli arrivi che proprio dalla Tunisia negli ultimi mesi erano diminuiti?
Gli arrivi potrebbero aumentare. Non avere una Guardia costiera tunisina favorirebbe le partenze indiscriminate. Non dare le motovedette alla Tunisia potrebbe spostare, come già detto, il baricentro di Saied verso altri attori, che hanno tutto il vantaggio a destabilizzare i Paesi europei e rivieraschi fomentando le partenze. Avremmo una Tunisia non solo incontrollabile per quanto riguarda le migrazioni, ma anche influenzata da altre potenze.
Quali ripercussioni potrebbe avere sul cosiddetto Piano Mattei la mancata assistenza alla Tunisia?
Sarebbe estremamente dannosa per il Piano Mattei, per tanti ordini di motivi: potrebbe mettere in discussione i rapporti con l’Europa e l’Italia, che ha accordi con la Tunisia. La Russia vuole l’Africa. È presente nel continente e il ministro degli Esteri Lavrov si è da poco recato in Congo e in altri Paesi. Mosca ha manifestato molto interesse in particolare per il Nordafrica. Ha navi a Tobruk, in Libia, ha rapporti privilegiati con l’Algeria, cui fornisce armi e grano. La Tunisia sarebbe il tassello mancante. Rischiare di lasciare il Paese in mano a Mosca sarebbe pericolosissimo per quanto riguarda l’implementazione del Piano Mattei, che riscosso consenso anche all’interno del G7. Non dobbiamo lasciare il Mediterraneo in mano ad altri attori internazionali come la Russia e la Cina. Tutto questo non andrebbe a vantaggio dei migranti che le associazioni che hanno inoltrato il ricorso vorrebbero tutelare.
(Paolo Rossetti)
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