Pietro Orlandi chiede la verità: “Prima o poi tutto verrà fuori”
Pietro Orlandi non si ferma: sono passati 41 anni da quel 1983, quando la sorella Emanuela venne rapita, ma lui continua a combattere per cercare la verità. Da 41 anni Pietro si interroga e cerca di indagare su cosa sia realmente successo quel 22 giugno, senza ottenere le risposte che vorrebbe e che, secondo lui, il Vaticano possiede. Per questo ancora una volta, da Piazza Cavour a Roma nel corso del sit-in per l’anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi, ha chiesto a gran voce che Papa Francesco si impegni per far uscire fuori la verità: “Non comprenderò mai perché il Vaticano preferisce subire i dubbi di mezzo mondo, piuttosto che dire cosa c’è dietro alla vicenda di Emanuela Orlandi. Si tratta di qualcosa di pesante ma devono uscirne fuori. Qualunque sia la verità”.
Secondo Pietro Orlandi “prima o poi crollerà tutto quel fango. Soltanto dopo, si potrà ricostruire una Chiesa nuova”. Il fratello non ha dubbi su quanto accaduto quel 22 giugno 1983: “Mia sorella è servita a livello mondiale per portare a termine un ricatto, usata solo a livello mediatico”. In questi quarant’anni, Pietro ha sempre combattuto per arrivare alla verità, mettendoci la faccia in ogni occasione: mai una volta lo ha fatto per visibilità o per soldi, sempre e solo per capire cosa fosse successo a Emanuela.
Pietro Orlandi: “Mia moglie e i miei figli mi tengono aggrappati alla realtà”
Parlando alle persone arrivate a Roma per partecipare al sit-in in memoria di Emanuela Orlandi, Pietro ha parlato di cosa significhi per lui aver vissuto questi 41 anni alla ricerca della verità: “Per me il 22 giugno del 1983 è durato un secondo in più e in quel secondo è racchiuso ciò che è successo a Emanuela Orlandi. L’unica cosa che mi dà la percezione del tempo è la mia famiglia, mia moglie e i miei figli. Se fossi rimasto solo, avrei vissuto in un mondo surreale, il loro affetto mi tiene aggrappato alla realtà”. Tornando poi ancora sul presunto ricatto, Pietro Orlandi ha spiegato che secondo lui c’è un legame con l’Inghilterra e per questo spera che la Procura di Roma, quella Vaticana e la commissione parlamentare possano indagare al meglio su questa pista.
Un anno fa, infatti, un uomo ha contattato Pietro Orlandi affermando di essere stato coinvolto in una delle fasi del rapimento di Emanuela Orlandi e di aver partecipato in prima persona al suo trasferimento a Londra, in un appartamento. “A gestire la situazione di Emanuela sarebbe stato il cardinale Ugo Poletti. Lui spesso parlava con mia sorella a Sant’Apollinare”, ha aggiunto il fratello della giovane rapita. Dopo il rapimento, secondo Pietro “qualcuno se si è fatto carico di Emanuela per conto del Vaticano. Seppure fosse ancora viva, le hanno distrutto la vita quel giorno” ha concluso a Roma, davanti a una folla che come lui chiede solamente di sapere la verità.