Quegli elementi che due anni fa non erano considerati sufficienti dal tribunale di Cassino per la condanna della famiglia Mottola per l’omicidio di Serena Mollicone, sono per la procura generale quelli per i quali ha chiesto la condanna. Infatti, in Appello è stata ripresa del tutto la linea del pm che in primo grado aveva portato a processo il maresciallo Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Annamaria. La presenza di Serena Mollicone negli alloggi della caserma dei carabinieri di Arce è provata dalla testimonianza del brigadiere Santino Tuzi, considerato un testimone attendibile dalla procura generale. La lite nell’alloggio, culminata con la spinta contro la porta, sarebbe legata alle critiche della vittima a Marco Mottola per il comportamento del secondo riguardo gli stupefacenti: la ragazza era stata vista discutere col ragazzo, mentre la mattina dopo era stata vista piangere dal carrozziere Carmine Belli sulla strada davanti a un bar.
Dopo aver colpito la porta con la testa, Serena Mollicone ha perso i sensi, quindi non era ancora morta: il decesso è sopraggiunto dopo per asfissia, perché il viso è stato coperto con una busta, per poi essere lasciata con mani e piedi legati nel bosco. Marco Mottola avrebbe chiesto aiuto ai genitori per coprire l’omicidio e sarebbe uscito con un amico per crearsi un alibi, mentre la madre si è intrattenuta al telefono con la cognata. La tesi dell’accusa è che i soccorsi non siano stati chiamati per impedire che Marco Mottola pagasse le conseguenze per l’aggressione e per le possibili ripercussioni per il padre.
OMICIDIO SERENA MOLLICONE, COSA EMERGE DALLA RIPRODUZIONE 3D
L’avvocato Dario De Santis, lo storico legale del padre di Serena Mollicone, in aula, durante il suo intervento conclusivo, ha chiesto se vi siano prove che escludano che l’omicidio sia stato commesso in caserma. Ciò non solo è «possibile ma è anche altamente probabile» alla luce delle «prove scientifiche». Ma c’è un’altra domanda che ha posto ai giudici, riguarda l’ingresso della vittima in caserma: se vi è entrata, allora è stata uccisa lì, perché non ne è uscita viva e perché la famiglia Mottola sostiene che non sia mai entrata.
A dare una svolta al caso potrebbe essere «l’ottima corrispondenza» tra la porta in caserma e il cranio di Serena Mollicone. Durante la sua requisitoria, il sostituto procuratore ha segnalato che la riproduzione del cranio della vittima in 3D si incastra in modo perfetta con quella della porta: «Combacia tutto perfettamente». Il processo sull’omicidio di Serena Mollicone riprenderà il 2 luglio, con la parola che passerà alle difese, mentre la sentenza è prevista il 12 luglio.