“Continuano a giungere notizie dolorose di scontri e massacri compiuti nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Rivolgo il mio appello alle Autorità nazionali e alla Comunità internazionale, affinché si faccia il possibile per la cessazione delle violenze e per la salvaguardia della vita dei civili. Tra le vittime, molti sono cristiani uccisi in odium fidei. Sono martiri. Il loro sacrificio è un seme che germoglia e porta frutto, e ci insegna a testimoniare il Vangelo con coraggio e coerenza”.
Le parole del Santo Padre durante l’Angelus del 16 giugno ha brevemente focalizzato l’attenzione sulla situazione in Congo e sulla piaga dei cristiani perseguitati. Se la situazione in zone più conosciute continua a rimanere tragica e pericolosa, come in Venezuela, Haiti o Nigeria, dove è recente la notizia di un altro sacerdote rapito (padre Mikah Suleiman, parroco della chiesa di San Raymond a Damba, Gusau, nello Stato di Zamfara, nel nord-ovest della Nigeria), il fenomeno esiste ed è violento anche nella Repubblica Democratica del Congo.
Da molto tempo quella terra è teatro di violenze nei confronti della popolazione, per motivi sia religiosi che dovuti alle ricchezze minerarie del Paese: monsignor Melchisédec Sikuli Paluku, vescovo della diocesi di Butembo-Beni, in un’intervista ha denunciato l’inefficace risposta governativa e dell’ONU ai fenomeni dilaganti di terrorismo presenti nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. “I terroristi scacciano le popolazioni locali dalle loro abitazioni, mentre i criminali trafficano le risorse minerarie del Congo, completamente indisturbati […] vi è un più ampio piano per islamizzare o espellere le popolazioni locali. Tutti coloro che sono stati rapiti da questi gruppi terroristici e che ne sono usciti vivi riferiscono la stessa cosa: è stata data loro la possibilità di scegliere tra la morte e la conversione all’islam. Sono stati perfino dati loro nomi musulmani al fine di cementare la loro identità islamica”. Evidentemente l’islamizzazione non è l’unica motivazione, tanto che lo stesso vescovo descrive la regione come posto abbondante “di risorse naturali, che vengono sfruttate in modo completamente illegale” (cfr. Report ACS).
Tali fenomeni di terrorismo sono casi purtroppo non isolati: a giugno del 2022 oltre 10 cristiani sono stati uccisi durante un’imboscata da parte delle Forze Democratiche Alleate (FDA). Nonostante la situazione delicata, non si può ignorare, come dice un vescovo locale, “che i gruppi ribelli stiano colpendo deliberatamente i cristiani. Abbiamo le prove che gli assassini hanno stabilito legami con lo Stato Islamico (ISIS), e i sopravvissuti ci hanno confessato che è stato chiesto loro di recitare la shahada se volevano sopravvivere. Abbiamo pastori che sono stati uccisi per aver rifiutato di rinnegare Cristo e di lasciarsi islamizzare. Chiediamo preghiere e sostegno per prenderci cura di milioni di rifugiati, vedove e orfani” (Report ACS). Molto più recente è il caso di 14 cristiani rapiti e uccisi in seguito al loro rifiuto di conversione all’islam (Avvenire, 27 maggio 2024).
Quello che succede in Africa, in Congo ma anche in tanti altri Stati, è purtroppo un fenomeno diffuso e ampiamente analizzato e che scuote le coscienze. Sarebbe da pazzi continuare a insistere sul cristianesimo se questo fosse solo un lontano ricordo e non invece una Presenza viva, oggi. Ed ecco perché, insieme all’insistenza di questi martiri, suonano confortanti e attuali, oggi come allora, le parole di Gesù: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16, 33).
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