Proseguiamo la nostra proposta di film capaci di costruire la pace e il bene comune, combattendo con coraggio per la verità, con il sostegno della speranza.
È iniziata la pausa estiva scolastica e ci stiamo congedando, non senza qualche polemica, dagli esami di maturità. Ma vale la pena soffermarci ancora sul valore imprescindibile dell’insegnamento anche e soprattutto nei piccoli centri che, a causa della crisi demografica, rischiano di scomparire. Un mondo a parte di Riccardo Milani ce ne offre l’occasione con una commedia romantico-sociale, che ha conquistato il pubblico e vinto due Nastri d’argento come miglior commedia e migliore interpretazione femminile.
Un impacciato ma efficace Antonio Albanese e una strepitosa e credibilissima Virginia Raffaele si incontrano nell’atmosfera apparentemente da favola del paesino marsicano di montagna di Rupe (nome di fantasia, in realtà il film è girato a Opi, in provincia dell’Aquila), che conta meno di 400 anime, dove ha sede l’Istituto Cesidio Gentile detto Jurico (poeta pastore di fine Ottocento). Qui infatti ha chiesto l’assegnazione provvisoria il maestro elementare Michele Cortese (Albanese), che dopo quarant’anni vuole abbandonare la scuola della degradata e violenta periferia romana dove cercava di “salvare gente che non ha intenzione di essere salvata, e ti mena pure”.
L’insegnante aspira a una nuova vita nella natura incontaminata del Parco Nazionale d’Abruzzo, ed è felice di essere catapultato in una pluriclasse con bambini dai 7 ai 10 anni in un ambiente raccolto e familiare, dove lo accoglie la ruvida ma impegnatissima vice-preside Agnese (la Raffaele). Il suo sarà però un arduo bagno di realtà tra nevicate abbondanti, lupi e cervi in libertà e genitori sospettosi, che smonterà le sue aspettative bucolico-ecologiche e gli farà riconoscere la durezza della vita di montagna e la fatica quotidiana di contadini e allevatori del luogo. E di strada ne ha parecchia da fare, l’impavido maestro che si presenta in mocassini durante una bufera di neve e non sa nemmeno come accendere una stufa per scaldarsi: il mondo dei borghi isolati non è poi così romantico… Ma la pragmatica e tenace vice-preside combatte instancabile la sua battaglia quotidiana per la formazione a tutto campo dei piccoli alunni e lo coinvolge dandogli forza e speranza.
Peccato che inevitabile e implacabile arrivi la doccia fredda: la minaccia della chiusura della scuola per il numero insufficiente degli alunni iscritti. E tutti sanno, anche per la triste esperienza già vissuta dal paesino vicino abbandonato – Sperone, di cui restano solo tristi ruderi – che un borgo senza scuola non ha futuro. Si affaccia così prepotente il dramma di tante realtà rurali e montane del nostro Paese, destinate purtroppo a scomparire per lo spopolamento, alla faccia di tanta retorica green. Ma appunto perché sono comunità che hanno un volto e una storia, se c’è qualcuno che le sostiene con coraggio e determinazione sono pronte a non arrendersi. “Voi venite qui nei fine settimana, per sentirvi in contatto con la natura, ma perché non ci venite dal lunedì al giovedì?”. È questa l’accusa di un abitante di Rupe all’ingenuo maestro, anche lui in fondo approdato lì seguendo i suoi ideali piccolo-borghesi, che lentamente però si stanno sgretolando.
Michele potrebbe tranquillamente cercare un nuovo posto di insegnamento, ma ormai ha scoperto il segreto di quei monti e degli abitanti della zona, molti dei quali hanno deciso di essere protagonisti del film come efficacissimi attori non professionisti, proprio per dar voce e difendere la loro terra marsicana. Accetta perciò la sfida, che significa innanzitutto dover combattere con quella burocrazia ottusa e quell’opportunismo indecoroso che caratterizzano anche l’istituzione scolastica. Il maestro venuto da lontano si unisce entusiasta alla battaglia per difendere il diritto all’apprendimento dei bambini e salvaguardare la comunità intera. Anche se si tratta di percorrere nuove e impensate strade, che sanno immaginare soluzioni inedite nei tempi difficili dei fuggiaschi dall’Ucraina e dei trasferimenti dei rifugiati con i loro bambini.
Ma come ripete convinta l’intrepida Agnese, con perfetta cadenza dialettale abruzzese, “La montagna lo fa!”, riesce cioè a sconfiggere la generale rassegnazione “a perdere una cosa dopo l’altra”. Tutto il borgo si mobilita per una resistenza costruttiva, ciascuno mettendo in gioco le proprie capacità e superando gli sterili pregiudizi. Così gli ideali si mettono in pratica, non ci si accontenta semplicemente di teorizzarli citando, come amava fare il maestro Michele, il concetto di restanza dell’antropologo Vito Teti (“Al diritto a migrare corrisponde il diritto a restare”).
In questo piccolo mondo autentico e vivo, il “collaboratore scolastico” si può tranquillamente chiamare “bidello” e il colloquio con i genitori, se necessario, si può fare pure in una stalla. Così si vince quella “rassegnazione che si mangia a morsi, come la scamorza”, che toglieva la speranza al paesino di Rupe.
Il film è assolutamente godibile e rappresenta un invito e insieme una sveglia anche per lo spettatore, magari cittadino, che tra risate e qualche lacrima può imparare molto da quel “mondo a parte”, che può diventare un modello di convivenza e di riscoperta del desiderio di impegnarsi per il bene di tutti.
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