L’intelligenza artificiale potrebbe avere la sua applicazione anche nell’ambito scientifico e sanitario, favorendo l’accelerazione di alcuni processi diagnostici o in altri settori del mondo del lavoro o dei servizi: attenzione, però, agli aspetti negativi che questa potrebbe avere, soprattutto dal punto di vista commerciale. La medicina, infatti, potrebbe essere trasformata ancor di più in un business senza fine con l’aiuto della tecnologia: come, nel dettaglio? Come spiega la microbiologa e virologa Gismondo su Il Fatto Quotidiano, chiedendo all’intelligenza artificiale cosa si possa assumere per un qualsiasi dolore, vengono elencati una serie di consigli generici e poi viene snocciolata la lista dei prodotti farmaceutici.
O ancora, chiedendo ad esempio consiglio su chi sia il miglior dermatologo a Roma così come il miglior gastroenterologo a Milano, vengono elencati una serie di nomi con segnalazioni e indice di gradimento su Google. Si tratta, ovviamente, di pubblicità, sia nel caso dei farmaci (dunque è in questo caso diretta) sia nel caso dei medici, che vengono elencati per recensioni e preferenze ma si sa, non è una scienza esatta in quanto ognuno può chiedere ad amici e parenti un commento positivo che li faccia “salire” nella graduatoria di Google.
Intelligenza artificiale: “Così consiglia i medici”
Quando vengono chiesti consigli su medici all’intelligenza artificiale, questa premette come sia difficile dare suggerimenti e suggerisce a sua volta di consultare il proprio medico. Eppure, poi, snocciola una lista di prodotti e medicinali, suggerendoli di fatto ai consumatori. Nel caso dei medici, invece, spiega Gismondo su Il Fatto Quotidiano che se nel curriculum vengono ripetute alcune parole, queste permettono di salire nella graduatoria dell’AI, superando magari altri più esperti che però non hanno usato queste parole.
Gismondo, sottolinea perciò: “Ciò che fa funzionare queste intelligenze è un algoritmo che, a differenza di quanto accadeva in passato con sistemi di mera elaborazione, hanno la capacità di autoapprendere. Da cosa? Dai big data, dai dati che vengono immessi nel sistema che, gestiti da pochi, possono condizionare molti”.