L’Europa resta sulle sue posizioni. Gli USA aspettano le elezioni, con Trump che sembra orientato a porre fine al conflitto. Intanto Putin, Xi Jinping ed Erdogan, riuniti ad Astana, in Kazakhstan, per il vertice dell’Organizzazione della cooperazione di Shanghai (SCO), parlano, anche se in incontri bilaterali, di pace possibile in Ucraina.
Una situazione, spiega Fabio Mini, generale già capo di stato maggiore della NATO per il Sud Europa e comandante delle operazioni di pace NATO in Kosovo, che mette in luce le difficoltà delle democrazie occidentali, incapaci di immaginare un ordine mondiale che non riconosca più i loro privilegi, mentre il resto del mondo si aggrega secondo logiche diverse da quelle evidenziate finora dal dominio americano. Un contesto in cui chi rischia di perderci è soprattutto l’Europa, incapace di prendere una posizione realistica e credibile rispetto a una guerra che si sta combattendo dentro i suoi confini.
Victor Orbàn, intanto, ora presidente di turno della UE e da sempre contrario a sostenere l’Ucraina, sarebbe atteso a Mosca da Vladimir Putin, scatenando le ire del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che chiarisce subito come la presidenza di turno non abbia mandati per parlare con la Russia. Mente il capo del Cremlino, infine, ribadisce che per far tacere le armi l’Ucraina va smilitarizzata.
Ad Astana Putin ha tenuto incontri bilaterali con Xi ed Erdogan per parlare di una possibile pace in Ucraina. È un caso che si siano confrontati, sia pure separatamente, nella stessa occasione? In realtà si tratta di una concertazione a tre?
Sono tre Paesi pesanti, che valgono sei, che stanno acquistando prestigio in campo internazionale, nell’ambito di quello che chiamerei “il terzo del mondo”, quella parte di Paesi che ormai sono quasi la metà del globo che non sono d’accordo con quello che fanno gli USA e l’Ucraina. Bisogna considerare innanzitutto la sede in cui si sono tenuti gli incontri bilaterali. La SCO è importante, è l’unico forum in cui si trovano tutti i rappresentanti dell’Asia centrale e molti altri Paesi che partecipano come osservatori, tra cui Turchia e Iran. Anche se i colloqui sono bilaterali le altre nazioni presenti sanno che Xi, Erdogan e Putin stanno parlando e hanno l’occasione di esprimere i loro pareri. Sono occasioni importanti. Non è solo una triade che si sta muovendo.
Insomma, ci sono molti altri Paesi che si muovono dietro di loro?
Direi con loro. Una cosa che questo “terzo del mondo” ha messo in evidenza nelle riunioni dei BRICS e che si è vista nella Conferenza di pace in Svizzera, dove alcuni Paesi hanno avuto il coraggio di dire no a certe posizioni, è che viene considerato il parere di ogni nazione.
Nonostante ci siano diverse autarchie, perché questi consessi al loro interno sembrano comportarsi quasi in modo più “democratico” di quanto si faccia in Occidente?
Pochi giorni fa riflettevo proprio su questo: possibile che noi grandi democrazie occidentali, con tutto il bagaglio di esperienze e cultura che abbiamo, stiamo dietro a quelli che chiamiamo autocrati nella definizione di una visione del mondo contemporaneo? Noi abbiamo una visione conservatrice per mantenere certi privilegi, mentre questi pensano al futuro. E non a quello immediato. Sotto certi punti di vista siamo dietro ad autocrati come Orbán ed Erdogan, portiamo il labaro della grande democrazia occidentale, identificandola con quella USA, anche se gli Stati Uniti la loro democrazia la stanno facendo a pezzi. Per certi versi le relazioni all’interno del mondo occidentale, degli altri Paesi con gli USA, in un certo senso sono molto meno “democratiche” di quelle che vediamo nei BRICS o in altri contesti.
Ad Astana Xi Jinping ha detto che intende continuare gli sforzi per una soluzione pacifica alla guerra in Ucraina, Erdogan che la Turchia può gettare le basi di un accordo. Si stanno muovendo con un piano preciso?
Secondo me sì. A prescindere dalla formulazione, che può essere quella del primo piano di pace presentato dalla Cina o dell’intesa che era stata raggiunta a Istanbul poco tempo dopo lo scoppio della guerra, la sostanza sulla quale devono accordarsi è come far digerire all’Ucraina il fatto di dover perdere la sovranità su alcuni territori. Devono trovare il modo di non farle perdere la faccia senza forzare la mano sulla Russia, di scontentare il meno possibile i due interlocutori. Sotto questo aspetto l’unico attore che è in difetto è l’Europa, ferma ancora sulla necessità che la Russia si debba ritirare dai territori occupati, facendo entrare l’Ucraina nella NATO e nella UE.
Peskov, il portavoce del Cremlino, ha detto però che Erdogan non può essere mediatore tra russi e ucraini. Perché?
Dicendo così salva Erdogan di fronte alla NATO, mostrando che il presidente turco non è contro l’Alleanza di cui fa parte. Peskov sa, però, che la Russia avrà bisogno della Turchia quando si tratterà di far entrare l’Ucraina nella NATO: basta un Paese che dica di no per fermare l’ingresso di Kiev. L’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica, tra l’altro, sarà rimandato a tempi successivi, già a Vilnius l’anno scorso è stato detto che se ne riparlerà dopo il conflitto.
Il tema del negoziato adesso è comunque all’ordine del giorno mentre prima era evitato continuamente. Su questo l’Europa dovrà convincersi a prendere una posizione diversa da quella attuale?
Bisogna vedere se cambieranno le posizioni di Francia, Germania e Gran Bretagna. Se non succederà, la posizione europea resterà perdente rispetto a quella che è stata presa o che sta prendendo il resto del mondo. Se la UE mantiene la posizione iniziale, per cui si forniscono armi agli ucraini fino a che serviranno per combattere, non si andrà da nessuna parte. Finirà che la pace e le trattative andranno avanti senza l’Europa, che sarà ancora più penalizzata di quanto non è stata finora. Ora è penalizzata dalla guerra, potrebbe esserlo anche dal dopoguerra. Se vincerà la burocrazia della von der Leyen, per cui all’Ucraina tutto è dovuto, saremo qui a guardare gli altri mettersi d’accordo e la UE accuserà ancora di più il colpo.
Poi bisognerà vedere cosa faranno gli USA.
Un altro scandalo: il mondo non si può muovere fino a quando non si fanno le elezioni degli Stati Uniti. Abbiamo visto in tv un Biden che non riesce a leggere un discorso. Ma che non fosse in grado di reggere una posizione da grande nazione lo avevamo visto dal primo giorno della guerra.
Per il dopoguerra come vede i rapporti dell’Europa con la Russia?
Bisognerebbe riallacciarli. Se stanno parlando adesso spero che non sia solo per finire la guerra. Per questo basta un armistizio, ma se le questioni territoriali ed economiche restano irrisolte siamo da capo. Occorre vedere che ruolo riconoscere alla Russia nel dopoguerra. La visione prevalente è che torni a far parte del consesso internazionale, senza creare un nuovo blocco Est-Sud del mondo contro l’Occidente. Tenendo fuori la Russia non si riuscirà neanche a influire su di essa. Se si vuole garantire la sicurezza mondiale bisogna assegnare a Mosca e Pechino un ruolo preciso. Ma non lo possono fare gli americani per conto loro. Devono essere presenti i Paesi interessati, quindi Russia e Cina, e con loro tutti gli altri.
Ma come è possibile cercare di impostare un nuovo ordine mondiale?
Facciamo tornare al loro posto le Nazioni Unite. Se poi si volessero sciogliere, si potrebbe dar vita a un altro consesso internazionale, su basi diverse, in cui le nazioni contino per quello che sono e non solo perché hanno un diritto di veto.
(Paolo Rossetti)
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