Sta facendo discutere la vicenda di una donna di origini bengalesi ma residente da anni ad Ancona, che voleva divorziare dal marito, dopo averne denunciato il comportamento particolarmente violento, ma all’avvio della pratica ha scoperto, a sorpresa, che il matrimonio era già stato annullato. Il marito infatti aveva chiesto ufficialmente il ripudio con rito islamico, a causa di una presunta “insubordinazione” della moglie, che a suo dire, con non era abbastanza ubbidiente e sottomessa come imporrebbe la legge musulmana. Il rito bengalese, che in Italia non ha alcun valore legale, è stato tuttavia registrato come separazione valida ai fini di legge.
Del caso se ne è occupata anche la trasmissione Dritto e Rovescio, che ha intervistato direttamente la donna, la quale ha affermato che a causa di questo problema ora, nonostante gli abusi subiti, non ha diritto neanche a chiedere l’assegno di mantenimento per sè e per i figli. Nel rito islamico infatti, quando il marito ripudia, la moglie viene completamente isolata da tutta la famiglia. Resta da capire, come mai il Comune di Ancona abbia attestato come legale una prassi che non può avere in alcun modo una valenza effettiva.
Ripudio islamico registrato come divorzio, sindaco Ancona: “C’è stata una lacuna normativa”
Ripudio islamico registrato come divorzio, la donna di Ancona, vittima del provvedimento ha incaricato due avvocati per far luce sulla vicenda e capire come sia possibile che un atto non previsto dalla legge italiana possa essere stato trascritto all’anagrafe ed assumere lo stesso valore legale di una separazione formale. Non solo, sono state contestate soprattutto le motivazioni del gesto, perchè l’uomo aveva già precedenti denunce per maltrattamenti in famiglia e comportamento abusivo, ed era per questo che la moglie aveva intenzione di allontanarsi.
Il sindaco di Ancona ha risposto ai microfoni della trasmissione Dritto e Rovescio, affermando che il ripudio è stato annotato effettivamente dal comune a causa di una lacuna normativa. Chiedendo poi spiegazioni al Ministero dell’Interno, un funzionario ha confermato che la procedura prevista dalla legge islamica non può essere applicata in Italia, soprattutto perchè si tratta di un atto che calpesta i diritti delle donne e dei minori. Ora gli avvocati della 41enne, hanno annunciato il ricorso. Nel frattempo la donna è stata ospitata in una struttura protetta insieme ai due figli.