In Europa contano le grandi famiglie politiche. È una realtà che in Italia si fa fatica a digerire. O più precisamente si cercano di nascondere le ragioni – a volte incomprensibili – dell’anomalia del panorama delle forze politiche italiane, assolutamente prive di riferimenti internazionali. Ma soprattutto incoerenti, tra quello che fanno quando sono in Europa e le scelte politiche nazionali. Uniche eccezioni, fino ad oggi, sono due. Il PD, che dopo un lungo travaglio iniziato nel lontano 1991, è approdato finalmente nel 2014 nel gruppo del Partito Socialista Europeo. Una delle pochissime decisioni di Renzi, forse l’unica, ancora valida. E poi c’è Forza Italia, parte importante del Partito Popolare Europeo, che è a sua volta di gran lunga il primo partito in Europa.
I due partiti, come sappiamo, da diverse legislature hanno un solido accordo di maggioranza, allargato ai liberali. Questo avviene mentre nei singoli Paesi sono sempre forze alternative. Nonostante l’avanzata dell’estrema destra, l’accordo è stato ribadito anche dopo il voto dell’8 e 9 giugno scorso. I numeri – e non le analisi del voto – dicono che quella maggioranza è uscita confermata. Il PPE è risultato vincitore in voti e seggi, ma anche il PSE non è andato così male. Problemi più seri ha avuto il gruppo dei liberali, in cui è presente Macron e a cui aspiravano a partecipare i centristi italiani guidati da Renzi e Calenda. Ma sappiamo come è andata sia in Francia che qui da noi.
L’altra formazione storica in Europa sono gli ambientalisti del gruppo dei Green. Una realtà importante che è crescita anche nei ruoli tecnici e amministrativi della Commissione europea. Quella che da noi chiamano in modo dispregiativo la “burocrazia”. Per loro le elezioni non sono andate bene, anche se alla fine manterranno in ogni caso un certo ruolo. Per la prima volta dopo molti anni alcuni esponenti dei Verdi italiani, eletti nelle liste di AVS, si sono aggiunti al gruppo.
E poi c’è la novità più grande: dopo un lungo peregrinare hanno trovano finalmente una casa anche gli 8 parlamentari europei del Movimento 5 Stelle. A conferma di una scelta politica fatta da Conte e dall’attuale gruppo dirigente, essi hanno chiesto e ottenuto di far parte del gruppo de La Sinistra, abbandonando il limbo del gruppo misto. Una scelta che molti hanno interpretato come un nuovo tradimento da parte di Conte e dei suoi di uno dei tratti distintivi del partito fondato da Grillo e da Casaleggio, e cioè quello di essere dichiaratamente né di destra né di sinistra.
Il punto è che ora gli 8 parlamentari del Movimento, una grossa fetta del gruppo, cambiano non poco gli equilibri interni. Infatti non solo consentono alla Sinistra di superare (39 rispetto a 37) il numero raggiunto nella scorso legislatura, ma diventano il secondo partito dopo i francesi di La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Agli italiani del gruppo vanno aggiunti Ilaria Salis e Mimmo Lucano, i due parlamentari di Sinistra Italiana.
Ci sono punti importanti di disaccordo tra il Movimento e le tradizionali forze dell’estrema sinistra europea? Sicuramente, anche se in realtà sia sulle scelte di politica internazionale che su quelle che sono le principali questioni economiche sul tappeto M5s ha da tempo posizioni molto simili a quelle dei tedeschi di Die Linke o dei greci di Syriza. Il punto essenziale è che con questa scelta il M5s esce dalla sua irrilevanza politica in Europa e può almeno contare qualcosa.
L’Europa dovrebbe diventare per la politica italiana il vero spartiacque e la cartina di tornasole per la collocazione strategica delle forze in campo e bisognerebbe finirla di voler ogni volta fare la parte di quelli che la sanno più lunga per poi finire a inseguire progetti che non vanno da nessuna parte. Non c’è niente di meglio che poter far leva su una collaborazione con altre forze affini con cui condividere programmi e scelte fondamentali.
Creerà problemi al suo interno la scelta del Movimento? Sicuramente, gli oppositori di Conte non lasceranno correre la cosa. Lo stesso Grillo avrà da ridire. Ma possiamo considerala sbagliata o controproducente? In realtà è una scelta di maturità, che colloca quello che resta di M5s in un preciso schieramento politico. E la scelta europea non è altro che la premessa per un’alleanza solida e duratura con il PD, distinti ma parte della stessa area progressista. Una decisione che va quindi nella direzione di una alleanza stabile, in vista di importanti appuntamenti politici ed elettorali.
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