I messaggi che Filippo Turetta ha mandato a Giulia Cecchettin rivelano l’ossessione che nutriva nei confronti dell’ex fidanzata, ora emerge anche che aveva una pretesa: voleva laurearsi a tutti i costi con lei. Il retroscena emerge da un messaggio WhatsApp che risale al febbraio dell’anno scorso e che è stato recuperato dal cloud della giovane uccisa a coltellate dall’ex. «Mettiti in testa… che o ci laureiamo insieme o la vita è finita per entrambi», le scrisse il 22enne che è a processo per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.
Questo testo ora è agli atti dell’inchiesta a carico di Filippo Turetta, che ha fatto sapere tramite i suoi legali di aver rinunciato all’udienza preliminare (e quindi andrà direttamente a processo) e di non volersi sottoporre a perizia psichiatrica. Dalla ricostruzione dei carabinieri è emerso che il giovane non si era rassegnato alla rottura e che agisse nella convinzione di poter riconquistare l’ex fidanzata Giulia Cecchettin.
FILIPPO TURETTA SUBITO A PROCESSO, LA REPLICA DEL LEGALE DELLA FAMIGLIA DI GIULIA CECCHETTIN
Il messaggio WhatsApp emerso dagli atti nelle ultime ore conferma quanto ipotizzato subito dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, cioè che la data del delitto non sia stata casuale. Pochi giorni dopo la vittima si sarebbe laureata, ma Filippo Turetta voleva laurearsi insieme, altrimenti sarebbe finita per entrambi, come aveva scritto nove mesi prima. Intanto la famiglia di Giulia Cecchettin ha fatto sapere di aver preso atto della richiesta della difesa di rinunciare all’udienza preliminare, «una scelta tecnica che percorre un diritto garantito dalla legge».
L’avvocato Stefano Tigani, come riportato dal Messaggero, afferma che non sarebbero stupiti se durante il processo si proseguisse in maniera spedita, acquisendo gli atti di indagine, per definire rapidamente il procedimento di un delitto efferato come quello appunto di Giulia Cecchettin, uccisa con 75 coltellate e poi abbandonata in un bosco, nei pressi del lago di Barcis, da Filippo Turetta, che si è dato alla fuga per otto giorni prima di essere arrestato e trasferito nel carcere di Verona.