VON DER LEYEN “SCARICA” LA DESTRA: “NO DIALOGO COI PATRIOTI, NO ALLEANZA CON ECR”. IL RICATTO DI MACRON FUNZIONA (PER ORA)
Ad una settimana dal primo voto in Parlamento Ue sulla nuova Commissione Europea, la Presidente uscente e candidata finora unica dopo l’accordo tra PPE-S&D-Renew Ursula Von der Leyen è tutt’altro che convinta che quei 400 voti in dote basteranno a rimanere al riparo da possibili “franchi tiratori” nella sua stessa maggioranza. Nonostante ciò, il giogo-ricatto rilanciato ancora in queste ore dal gruppo di Emmanuel Macron ha avuto la meglio finora facendo di fatto scartare qualsivoglia accordo con la destra in Europa per poter allargare i cordoni della maggioranza in Commissione.
Già ieri Von der Leyen aveva confermato davanti alle delegazioni di Popolari e Socialisti di non avere alcuna intenzione a dialogare con il nuovo gruppo dei Patrioti per l’Europa (l’intero gruppo ex ID, tra cui Lega e Le Pen, assieme a Orban e Vox): «non ci sarà alcun dialogo con i sovranisti», così come ha promesso di non voler neanche incontrare il potenziale nuovo gruppo “Europa delle nazioni sovrane” messo in campo da AfD ed altri partiti piccoli entrati con candidati fra i Non Iscritti. Oggi incontrando i liberali di Renew Europe è però ancora la Presidente Von Der Leyen a sottostare all’egida lanciata dalla formazione guidata da Emmanuel Macron, impegnato a sua volta con un intricato “gioco di potere” con il Governo in Francia: «Con il gruppo Ecr non ci sarà una cooperazione strutturale». Poco prima del resto il gruppo di Renew sui social aveva sentenziato nettamente: «questa mattina abbiamo avuto uno scambio di opinioni con Ursula Von der Leyen, candidata alla presidenza della Commissione per il Gruppo del Ppe. Siamo chiari: deve rinunciare agli accordi con l’estrema destra, inclusa Ecr».
TENSIONE COMMISSIONE UE: VON DER LEYEN PUNTA SUI VERDI MA TEME I FRANCHI TIRATORI DEL PPE
Un ricatto come già avvenuto con Macron e con l’Spd di Scholz prima degli accordi sui “top jobs Ue”, l’esclusione della destra da ogni incarico di rilievo, così come dalla maggioranza della Commissione Ue, sono le condizioni poste da liberali e socialisti per appoggiare ancora la ricandidatura di Ursula Von der Leyen alla guida della Ue. Inizia così a delinearsi il possibile allargamento della Commissione non più verso l’ala destra del Parlamento Ue bensì al suo opposto, ovvero con i Verdi che già si sono detti disponibili ad entrare nel Governo Von der Leyen sempre se fuori rimarranno i Conservatori di Meloni.
Tutto risolto dunque in vista delle votazioni del 16-18 luglio 2024? Tutt’altro, Von der Leyen teme a questo punto in maniera ancora più netta i “franchi tiratori” che in casa PPE potrebbero far mancare l’appoggio con il voto segreto alla leader che intende riproporre uno schema di centro-sinistra dopo che i risultati delle Europee avrebbero detto tutto l’opposto. Ecco perché le trame interne a Bruxelles parlano di un tentativo comunque “segreto” di trovare un accordo con Fratelli d’Italia (concedendo un commissario con portafoglio di peso al Governo Meloni? Programma più soft sul Green New Deal?) per scardinare la potenziale “bomba” dei popolari ribelli in Aula.
Tradotto in numeri, i 400 seggi in dote sui 720 totali tra PPE-S&D-Renew avrebbero un 15% a rischio di “franchi tiratori”, perciò fanno gola i 53 voti dei Verdi: se però con l’ingresso della sinistra ecologista i popolari dovessero infuriarsi (Forza Italia ha già fatto intendere che non è un’opzione valutata positivamente), ecco che i 24 europarlamentari di FdI potrebbero far comodo a Von der Leyen almeno nella votazione di fiducia in Parlamento.
VON DER LEYEN RINVIA IL RAPPORTO DRAGHI A SETTEMBRE: SPUNTA IL “GIALLO” IN UE
In tutte queste complicate trattative per la formazione della Commissione Europea nelle ultime ore è spuntato un nuovo “giallo” politico a Bruxelles, con la decisione della Presidente Von der Leyen di rinviare l’imminente presentazione del rapporto sulla competivitià Ue preparato da Mario Draghi dopo la nomina ufficiale lo scorso autunno 2023.
Avrebbe dovuto tenersi a fine luglio ma i ritardi nelle consultazioni Ue, le formazioni di nuovi gruppi europei e ora le dinamiche tutt’altro che serene sui voti per la nuova Commissione Europea avrebbero fatto propendere per un rinvio strategico in settembre: «E’ ancora in fase di stesura», ha tagliato corto la leader PPE, quasi a far pensare che Draghi sia il responsabile di un rapporto ancora incompleto. Secondo quanto spiega oggi “La Stampa” sarebbe più verosimile la versione per cui Von der Leyen vuole prima risolvere la pratica delle nomine non essendo sicura della buona riuscita immediata. Alcuni più dietrologisti ipotizzano invece che Draghi voglia tenersi ancora mani libere per un po’ di tempo in caso di fallimento di Von der Leyen nella seconda elezione a Presidente della Commissione Ue. Ciò che resta sicuro è che nulla è ancora deciso in Europa: il tempo scorre e i gruppi politici si preparano alla “bagarre” dopo la prima riunione del 16 luglio 2024.