Continua la fuga di Giacomo Bozzoli, l’imprenditore 39enne sparito dopo la condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio, Mario Bozzoli – ucciso e gettato nel forno della fonderia di famiglia a Marcheno nel 2015 -, mentre l’imponente macchina delle ricerche si è estesa oltre l’Italia con un mandato di arresto europeo spiccato contestualmente al decreto con cui è stata dichiarata la latitanza. Di lui c’è una traccia precisa che lo colloca in un hotel di lusso a Marbella il 30 giugno scorso, insieme alla famiglia, moglie e figlio di 9 anni, a ridosso della sentenza della Cassazione che ha confermato il fine pena mai a suo carico, poi il nulla.
Sicuramente, le immagini riprese dalla telecamera interna del resort spagnolo sono un impulso potenzialmente decisivo per la sua cattura, ma ad oggi non c’è una vera svolta nella caccia all’uomo iniziata dopo il verdetto. In queste ore, come appreso dall’Adnkronos, dopo la compagna di Giacomo Bozzoli, Antonella Colossi, la Procura di Brescia avrebbe sentito proprio il loro bambino in sede di audizione protetta. Entrambi sono tornati sul suolo italiano il 4 luglio scorso e la donna ha dichiarato di “aver perso la memoria” per lo choc della condanna e di non sapere dove si trovi il compagno, sebbene abbiano trascorso insieme alcuni giorni “di vacanza” tra Francia e Spagna prima che le loro strade si dividessero. Il sospetto è che stia proteggendo l’imprenditore latitante dopo avergli dato un buon margine di tempo per guadagnare terreno e, forse, raggiungere uno dei Paesi esteri in cui non c’è un trattato che ne consentirebbe l’eventuale estradizione.
Il figlio di Giacomo Bozzoli sentito in Procura
Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera in merito all’audizione protetta del figlio di Giacomo Bozzoli, il minore avrebbe sostanzialmente confermato la versione della mamma ma senza fornire elementi utili all’individuazione del 39enne. Non sarebbe emerso nulla di rilevante ai fini delle ricerche, quando sono trascorsi 11 giorni dall’inizio della fuga dell’uomo. Gli spostamenti di Giacomo Bozzoli, dopo l’ultimo avvistamento certo a Marbella, restano quindi un mistero da sciogliere al più presto, prima – ammesso che non lo abbia già fatto – che possa raggiungere luoghi in cui non rischierebbe di essere estradato.
Giacomo Bozzoli è stato riconosciuto responsabile della morte dello zio paterno, Mario, in tutti i tre gradi di giudizio e aveva atteso la sentenza di Cassazione, emessa lo scorso 1 luglio, a piede libero. Secondo il racconto di alcuni vicini di casa sul Lago di Garda, l’abitazione in cui il padre Adelio ha detto che avrebbe aspettato il verdetto insieme a compagna e figlio risulterebbe deserta da almeno 10 giorni prima della condanna definitiva.
Giacomo Bozzoli latitante, è caccia a possibili complici nella fuga dopo la condanna
La fuga di Giacomo Bozzoli è al centro delle cronache dallo scorso 1 luglio e, giorno dopo giorno, si tinge di ipotesi rocambolesche che alimentano il mistero intorno alla sua latitanza. Non si esclude alcuna pista, da quella di uno spostamento oltreoceano a quella, decisamente più “colorita” e afferente a un presunto depistaggio studiato al millimetro, di una controfigura impiegata nelle prime fasi dell’allontanamento dall’Italia al volante della sua Maserati. Al vaglio di chi indaga, secondo le ultime indiscrezioni, c’è anche l’ipotesi che nel tempo abbia accumulato soldi proprio per scappare e che parte delle sue disponibilità economiche siano state dirottate in paradisi fiscali e banche svizzere. E non si esclude nemmeno che possa aver usato documenti falsi e stratagemmi per modificare il suo aspetto con lo scopo di lasciare l’Europa.
Ma c’è di più: sul tavolo degli inquirenti aleggia l’ombra di possibili complici nella fuga di Giacomo Bozzoli, fiancheggiatori che potrebbero averlo aiutato a lasciare il nostro Paese e a “seminare” gli investigatori lasciandosi alle spalle l’orizzonte del carcere a vita. Su questo punto, ricostruisce Il Corriere della Sera, la Procura di Brescia avrebbe deciso di approfondire con l’apertura di un fascicolo a carico di ignoti per l’ipotesi di procurata inosservanza della pena.