Nel suo intervento all’assemblea annuale dell’Abi, il ministro dell’Economia Giorgetti ha auspicato una riduzione dei tassi d’interesse graduale, ma anche decisa, perché “un ulteriore restringimento della domanda potrebbe risultare insostenibile o difficilmente sopportabile”. Il Governatore della Banca d’Italia Panetta ha anche evidenziato un altro effetto dell’attuale politica monetaria restrittiva: “La decelerazione del credito è di entità paragonabile a quella che caratterizzò gli episodi di crisi dello scorso quindicennio”, un riferimento implicito al credit crunch che si verificò dopo il 2008. Rischi che però non sembra vedere il Presidente della Bundesbank Joachim Nagel, secondo cui la Bce dovrà valutare a ogni riunione del Consiglio direttivo, in base ai dati disponibili, se tagliare o meno i tassi.
La Germania non sembra neanche disposta, pur avendone la possibilità, ad attuare una politica fiscale espansiva, dato che il Governo Scholz, dopo mesi di trattative, ha raggiunto una quadra sul bilancio per il 2025 con pochi decimali di deficit in ossequio al freno al debito tanto caro al ministro delle Finanze Lindner. Il tutto mentre in Italia non si hanno ancora certezze sulla prossima Legge di bilancio. Abbiamo chiesto un commento a Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Professore, sembra che Italia e Germania, che pure sono membri dell’Eurozona, abbiano richieste e visioni molto diverse sia sulla politica monetaria che su quella fiscale…
Abbiamo un’altra dimostrazione di quanto l’Eurozona sia eterogenea. Credo sia interessante anche sottolineare il fatto che Panetta, nel suo intervento all’assemblea annuale dell’Abi, abbia lanciato un monito riguardo le criptovalute, che sono per natura prive di valore intrinseco. Penso occorra fare attenzione, perché una loro bolla potrebbe potenzialmente essere simile a quella immobiliare del 2008. E il quadro, unito a quanto il Governatore della Banca d’Italia ha detto sul credito, rischia di essere, quindi, poco confortante.
Si può cercare di mettere in campo qualche accorgimento per evitare lo scenario peggiore?
A mio avviso occorrerebbe rafforzare la vigilanza, anche sul credito, per fare in modo che sia effettivamente indirizzato agli investimenti utili a rafforzare la base industriale del Paese, che risente tra l’altro della situazione dell’economia tedesca, che è meno resiliente di quanto mi aspettassi.
A proposito di Germania, cosa pensa della posizione espressa dal Presidente della Bundesbank?
L’attenzione decisamente eccessiva della Germania all’inflazione, dovuta anche a ragione storiche, che però risalgono ormai al secolo scorso, rischia di essere un problema per tutta l’Europa. Sia in Germania che nell’Eurozona è in atto un processo di disinflazione che, secondo le previsioni, è destinato a proseguire. Tra l’altro la dinamica dell’economia non è così surriscaldata da richiedere una riaffermazione del livello dei tassi. Dunque, a mio avviso, da parte tedesca c’è un timore fuori luogo sulla riduzione dei tassi e l’aumento dell’inflazione.
E qual è il suo parere riguardo la scelta di Berlino sul bilancio del 2025?
La Germania ha una situazione della finanza pubblica invidiabile e non è, quindi, comprensibile questa autoimposta rigidità. La quale, purtroppo, non fa altro che soffocare la possibilità di una maggiore crescita non solo tedesca, ma anche europea. Questo atteggiamento, che non è affatto di cautela, mi sembra onestamente eccessivo.
È, invece, giustificata la preoccupazione espressa dal ministro Giorgetti sui tassi d’interesse?
Guardando ai trend e alle previsioni riguardanti le variabili legate alla dinamica inflazionistica, non ci si può che attendere una diminuzione dell’indice dei prezzi. È giusta la preoccupazione espressa dal ministro, perché è noto che esiste un lag temporale tra la decisione sui tassi e il dispiegarsi dei suoi effetti sull’economia che può anche superare l’anno.
Ma all’Eurozona, sul fronte fiscale e monetario, convengono maggiormente le richieste che arrivano dall’Italia o dalla Germania?
Per quanto riguarda la politica fiscale, un maggior disavanzo, se finalizzato agli investimenti, può instaurare nell’Eurozona un circolo virtuoso che, mediante la crescita economica, contribuisce a far diminuire, in secondo momento, il disavanzo stesso in rapporto al Pil. Sul fronte della politica monetaria, se non è possibile avere quel minimo di forward guidance di cui abbiamo parlato la scorsa settimana, sarebbe importante che si concretizzasse quella riduzione dei tassi di mezzo punto percentuale che era nelle attese prima di giugno.
Questa riduzione dovrebbe avvenire già a luglio o potrebbe essere anche rimandata a settembre? Potrebbe essere anche di un quarto di punto, visto che il mese scorso c’è già stato un taglio di tale entità?
Per quanto detto poco fa riguardo il lag temporale tra la decisione sui tassi e il dispiegarsi dei suoi effetti sull’economia, prima avviene il taglio, meglio è. Riguardo l’entità, sarebbe preferibile una riduzione di mezzo punto, ma anche di un quarto andrebbe bene, purché già a luglio. Tra l’altro, se in seguito l’inflazione manifestasse un lieve aumento, questo non sarebbe certo imputabile al taglio operato, proprio in virtù di quel lag temporale poc’anzi ricordato.
(Lorenzo Torrisi)
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