Una vita controversa, tra carcere, domiciliari, musica, palco, e poi ancora sparatorie e tribunali. Simba La Rue, nato nel 1999, ha origini francesi e tunisine e il suo vero nome è Mohamed Lamine Saida. Da quando è poco più che un bambino vive in Italia, a Merone, dove fin da piccolo ha cominciato a fare musica, essendo appassionato di hip hop, collaborando in più di un’occasione con il giovane collega Baby Gang, con il quale è stato tra l’altro protagonista di alcuni guai giudiziari. Nel giro di poco tempo, Simba La Rue ha conquistato una buona fetta di pubblico, ottenendo streaming importanti su Spotify: tanti suoi brani superano persino i due milioni di visualizzazioni e quello più di successo, “Go go Jack”, ha ottenuto addirittura 14 milioni e mezzo di trasmissioni.
Nei suoi brani Simba La Rue parla di un’infanzia difficile in periferia, dei soldi che non bastano, della difficoltà di crescere ai margini della società e ancora delle sue umili origini: temi che spesso vengono affrontati nel mondo del rap e trap italiano. Più volte nel corso della sua giovane esistenza, il trapper ha dovuto fare i conti con guai giudiziari che lo hanno portato persino in carcere e poi ai domiciliari. Ma cos’è successo nella vita del giovane italo-tunisino e quali sono i motivi per cui in più occasioni è finito nei guai?
Perché Simba La Rue è in carcere
Nell’ottobre 2022, Baby Gang e Simba La Rue sono stati arrestati insieme ad altri nove coetanei per aver preso parte a una violenta rissa con l’uso di armi da fuoco: i fatti risalivano al precedente 3 luglio ed erano avvenuti in corso Como, a Milano. Il gruppo, secondo la ricostruzione degli agenti, avrebbe teso un agguato a due ragazzi senegalesi fuori da un locale, esplodendo inoltre alcuni colpi di pistola, gambizzando i due bersagli. I due trapper sono stati poi condannati a 5 e 6 anni di carcere, con la pena più pesante per l’italo-tunisino, che avrebbe portato la pistola con la quale poi il gruppo ha sparato.
Nella sentenza del Tribunale di Milano, i giudici hanno parlato di “pericolosità sociale” e della “consuetudine alla violenza e alla sopraffazione” da parte dei due. Sottoposto per un periodo agli arresti domiciliari, il trapper ha violato la misura, uscendo di casa insieme ad altri amici: nell’uscire ha guidato inoltre un’auto di grossa cilindrata, perdendo il controllo del mezzo e schiantandosi contro un palo. Così, i giudici della Corte d’Appello di Milano hanno disposto il provvedimento di carcerazione.