Si scomodano i miracoli. I debunker più votati al culto del rasoio di Occam diventano di colpo cospirazionisti. Compaiono spot pubblicitari di BlackRock del 2023 girati nel liceo dell’attentatore, il quale comparirebbe come attore al 19mo secondo dello spot. La DTCC il 4 giugno pubblica l’ennesima revisione delle regole d’ingaggio di mercato, di fatto avvisando tutti riguardo la necessità di prepararsi a chiusure non programmate per eventi come un giorno di lutto per la morte di un ex Presidente. Insomma, circola di tutto. Foto. Traiettorie balistiche. Loschi figuri in posizioni strategiche. Pavide agenti del Secret Service a smontare il mito della parità. Occhiali scuri e barbe finte. Un delirio.
L’attentato a Donald Trump ha semplicemente mandato in cortocircuito il Sistema. E anche i più pragmatici fra gli osservatori cominciano a cedere al complottismo. Benvenuti. Il problema? Semplice. La teoria del caos, quando applicata dalla pressoché totalità dei partecipanti a un consesso, ci dice che qualcosa di grosso sta davvero per accadere. Ma non ciò che crediamo. Qualcosa che sta nelle fondamenta. Nascosto. Ad esempio, nessuno ha notato l’atteggiamento di protagonismo assoluto dell’FBI nella vicenda.
I federali hanno immediatamente tagliato le gambe a ogni teoria che prestasse il fianco a ridimensionamenti dell’accaduto. Nel silenzio della CIA e nell’imbarazzo della Casa Bianca per il Secret Service in versione Una pallottola spuntata, l’FBI ha detto chiaro e tondo che l’atto andava ritenuto un tentato omicidio dell’ex Presidente. L’intenzione era quella di uccidere Donald Trump. Ma non basta. Nella serata di domenica, ecco la seconda pietra miliare dell’accaduto: si indaga per terrorismo interno. Tradotto, è stato rinvenuto un manifesto a sostegno dell’atto. Dalle parti delle varie società aperte e addentellati vari, i brividi lungo la schiena si sprecano. E chi conosce un po’ i corpi intermedi del Sistema Usa, quello che ormai anche al tg di La7 chiamano Deep State, sa che la CIA vive molto di suggestione hollywoodiana. Ma il vero contropotere – anche e soprattutto per il lavoro sporco – è in mano all’FBI. Che gestisce, ad esempio, il programma di protezione testimoni. Ovvero, può regalare nuove vite. Ma, se serve, anche il contrario. E la DEA, l’agenzia antidroga. Quanto di più in controluce possa esistere. Per definizione e statuto. Insomma, la CIA si presta a mitologia da Spectre. L’FBI ha potere pressoché illimitato sul suolo nazionale. E potere reale.
Il fatto che i federali si siano così chiaramente esposti in difesa di Donald Trump invia un messaggio chiaro. Soprattutto stante la strategia di Joe Biden di rivolgersi al suo antagonista come delinquente e pregiudicato. L’FBI sta con il delinquente e pregiudicato. State certi che a Pennsylvania Avenue questo non è passato inosservato. Anzi. E il cambio di toni registrato fra le prime uscite e il secondo appello alla Nazione, lo testimonia. Soprattutto quando sulla tua candidatura gravano due spade di Damocle: la salute e il laptop di tuo figlio.
Ma c’è dell’altro. E paradossalmente più importante anche di questo cambio di equilibrio nei corpi intermedi dello Stato. C’è questo. Pubblicato domenica. Nel pieno del caos post-attentato. E pubblicato da Forbes, testata difficilmente accostabile a teorie o approcci cospirazionisti. E cosa ci dice? Ci dice che Janet Yellen è stata tranquillamente costretta delle contingenze ad ammettere che la tenuta del dollaro come valuta benchmark e di riserva globale è a rischio. Insomma, la de-dollarizzazione su cui molti praticano la nobile arte del sarcasmo, oggi è realtà. E per bocca dell’ex numero uno della Fed e ora capo del Tesoro.
Ma c’è di più. Perché Janet Yellen entra anche nel vivo. E di fatto conferma come sia stato il regime sanzionatorio verso la Russia a operare da accelerante dell’incendio doloso monetario che vede il biglietto verde in sempre crescente crisi di identità. Secondo argomento di ironia che cade: i Brics ormai rappresentano un’alternativa al modello G7. Un’alternativa commerciale, politica, diplomatica. Ma anche finanziaria. Perché Vladimir Putin non solo continua a parlare di moneta comune, lasciando intendere che sarà una criptovaluta Brics l’antagonista a Zio Sam, ma nel suo ultimo intervento sul tema ha ventilato la possibilità di una Banca centrale e di un Parlamento dei Brics. E quando è la titolare di un debito federale che cresce di 1 trilione ogni 100 giorni ad ammettere che la tettonica a placche del potere globale sta divaricandosi rapidamente in faglie, forse è arrivato il momento di farla finita con il sarcasmo da supposta superiorità occidentale. E Janet Yellen deve essere davvero disperata, se oltre ad ammettere il carattere controproducente del regime sanzionatorio, parla chiaramente di un pericoloso effetto Trump sulle prospettive di crescita di Bitcoin.
E questo grafico ci mostra come dall’attentato, il valore in dollari della criptovaluta per eccellenza sia salito di quasi il 10%. Tradotto, più crescono le chances di un secondo mandato del tycoon, più cresce in tandem il prezzo di Bitcoin. Se l’oro fisico opera contrarian sulle aspettative geopolitiche, Bitcoin decide di appaiarsi al cambio di paradigma e panorama politico. Più del razzismo, questo può armare la mano del pazzo di turno.
Ecco l’America che ha fatto i conti con quello sparo inatteso. Un’America non nuova a proiettili che cambiano il corso degli eventi. Dallas. Memphis. Ma qui c’è qualcosa di più. E di più pericoloso. Il rischio per la valuta di riferimento. Il rischio per il dollaro, l’unica reale ragione per cui si combattono guerre e si destabilizzano Paesi. La ragioniera d’America ha rotto gli indugi e gettato nel WC le certezze e le narrative. Ha schiacciato il bottone rosso d’allarme. E lo ha fatto mentre tutt’intorno Wall Street e l’AI garantiscono argomenti di distrazione di massa con cadenza di news quotidiane. Significa che nemmeno quel paradigma è più sufficiente. Occorre drammatizzare. A tal punto da dover cominciare a dire la verità. Come accaduto con l’ultimo dato CPI.
Con quale America in sottofondo e sullo sfondo, la Fed si incontrerà il 30-31 luglio? Con quale sentiment di mercato? Quando lo tsunami del rischio di Seconda guerra civile americana, quello distopicamente e genialmente preconizzato negli anni Novanta da Joe Dante, comincia a gonfiarsi e minacciare di rilasciare a riva il suo carico di emergenza obnubilante, occorre cominciare a guardare gli indicatori. Quelli del rischio di controparte. Quelli nascosti. Perché la ragioniera d’America ha appena detto che il totem su cui si è costruito un cinquantennio di assolutismo, ora comincia non solo a scricchiolare in prospettiva. Ma anche nella realtà. Giorno dopo giorno. Crepe divaricanti. La cui pericolosità sta principalmente nel nuovo status di visibilità a occhio nudo. Per questo occorrono i proiettili sibilanti. E le fotografie iconiche. Per questo anche i debunker più lucidi e pragmatici diventano, di colpo, Red Ronnie.
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