Una delle rotte frequentate dai migranti, in fuga dai propri Paesi, oltre al Mediterraneo, è il deserto del Sahara. Ma è proprio questo secondo ‘canale’ che troppo spesso viene forse sottovalutato, portando ad un crescente numero di morti a cui i media e la politica internazionale sembrano restare indifferenti.
Secondo i dati raccolti dall’Agenzia ONU per i Rifugiati, dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e dal Mixed Migration Centre (MMC), si parlerebbe di oltre un migliaio di migranti morti negli ultimi 3 anni attraversando proprio il deserto del Sahara. I numeri sono emersi dalle testimonianze dirette proprio di alcuni migranti che hanno raccontato di cadaveri disseminati tra le sabbie del deserto. La Libia è solitamente la meta di approdo, con il 70% che riesce a raggiungerla, ma col 79% che ha dichiarato di essersi pentito di aver affrontato una traversata così difficile. I numeri dei morti potrebbero comunque essere superiori rispetto a quanto si apprende dalle sole testimonianze.
RAPPORTO ONU SUI MIGRANTI: QUALI INSIDIE NASCONDE IL SAHARA?
Perché il Sahara sembra rivelarsi più pericoloso del Mediterraneo? Le insidie sembrerebbero essere maggiori. Il principale pericolo sarebbe rappresentato dalle bande criminali, pronte a privare i migranti di ogni avere, senza contare il rischio di violenze sessuali sulle donne. A ciò si aggiungono le minacce dei trafficanti incontrati sulle proprie rotte, con estorsioni, lavoro forzato e spesso anche sfruttamento sessuale, oltre agli abusi di potere esercitati dalle autorità di frontiera.
Tutto questo viene alla luce solo tramite le testimonianze di coloro che hanno vissuto in prima persona questi episodi, mentre sembra essere più difficile per le organizzazioni internazionali recarsi sul posto per assistere a questi fenomeni di delinquenza e soprattutto per porre fine a questi pericoli. A complicare poi la situazione si aggiungono le politiche dei paesi del Nord Africa, che hanno ratificato gli strumenti internazionali relativi alla protezione dei rifugiati ma nessuno di loro ha una legge sull’asilo, portando i migranti che si fermano in queste zone a condizioni di precarietà senza tutela, costretti a rimettersi in viaggio e a sottoporsi nuovamente alle stesse insidie appena si verificano incidenti di qualunque tipo. Ecco perché sarebbe importante mettere in atto azioni di protezione e assistenza in grado di fornire alternative dignitose a viaggi pericolosi e irregolari, con la collaborazione di tutti gli stati, insieme alle organizzazioni umanitarie.