Ha ancora senso guardare all’andamento dell’economia milanese per capire se la locomotiva riesce ancora a marciare spedita? Il Rapporto Milano Produttiva realizzato anche quest’anno dalla Camera di Commercio, che raggruppa la Città metropolitana di Milano, la provincia di Monza e Brianza e quella di Lodi, ci dice che la locomotiva nel 2023 ha marciato a pieno ritmo e che nel primo semestre del 2024 ha rallentato ma continua a marciare.
Quando diciamo che la situazione è in movimento stiamo dicendo che l’andamento dell’ economia di questa vasta ed importante area economica ha avuto l’andamento dell’economia nazionale con percentuali di crescita maggiori e rappresentando per le variabili positive il 20% della crescita nazionale.
L’uscita dalla fase condizionata dalla pandemia ha portato a una forte ripresa delle attività di impresa e dell’occupazione. Il tasso di nascita di nuove imprese è stato forte e ha superato le chiusure contribuendo alla crescita delle imprese con quasi un 2% netto annuo.
La situazione di ripresa economica ha trainato anche la crescita dell’occupazione. Stiamo parlando di aree che hanno un tasso di occupazione 15-64 anni fra il 71% ed il 72% (l’area lodigiana segna un po’ meno con il 67,3%). Siamo sempre fra gli 8 e i 10 punti al di sopra del dato nazionale. La crescita occupazionale post-pandemia è stata trainata dall’occupazione femminile e stabile.
A far crescere l’occupazione sono stati il settore manifatturiero e quello dei servizi. Con differenze territoriali. L’area milanese, nonostante la crescita del turismo, vede la crescita nei servizi ma un calo nell’hotellerie. Cosa che non avviene negli altri territori. Evidentemente la trasformazione di abitazioni in locali per affitti brevi sta pesando negativamente nella crescita dell’ospitalità organizzata industrialmente.
Fulcro centrale dell’analisi presentata quest’anno è mettere in luce i punti di forza e le eventuali debolezze della transizione tecnologica e ambientale che ha investito l’intera economia. Stiamo vivendo due transizioni gemelle e per affrontare al meglio il passaggio d’epoca occorre avere un ecosistema che accompagni e sostenga il cambiamento. Scontiamo anche nell’area milanese alcuni problemi strutturali del nostro sistema produttivo. Abbiamo un ritardo storico negli investimenti in ricerca e sviluppo. Siamo un punto indietro rispetto alla media europea che segna il 2,24% del Pil. Inoltre la capacità di investire quote significative in ricerca e sviluppo aumenta al crescere della dimensione dell’impresa e il nostro sistema soffre di un numero molto alto di micro e piccole imprese.
L’ecosistema milanese offre però condizioni particolari che riescono a creare un humus economico e culturale che mantiene alta la produzione di innovazione e che affronta le innovazioni e la sfida della sostenibilità riuscendo a creare nuove occasioni d’impresa.
La ricerca presenta il meeting pot milanese come l’algoritmo dell’innovazione. I tre fattori che compongono la situazione di vantaggio competitivo sono la presenza di un capitale umano qualificato, un ecosistema aperto all’innovazione e l’apertura internazionale.
L’area milanese ha un sistema universitario di grande livello e attrae oltre 200mila studenti: di questi il 70% viene da fuori città e oltre 15mila dall’estero.
Oltre ad attrarre studenti universitari il sistema economico milanese riesce a trattenere forza lavoro qualificata. Nell’ultimo anno si sono stabiliti in città 16mila laureati che hanno trovato qui una collocazione lavorativa. Di questi 2.500 sono di provenienza estera. Questo dato indica una crescita di stranieri qualificati che iniziano una carriera lavorativa da noi triplicata rispetto al periodo post-crisi economica.
Essere una delle capitali mondiali della formazione terziaria permette di avere una bacino di capitale umano cui rivolgersi per sostenere le sfide che la knowledge economy pone in questa fase di transizione. La sfida è mantenere un’attrattività che è data dal livello scientifico delle università, ma certamente anche da un’offerta salariale e da una situazione di accoglienza abitativa che oggi ci vede in difficoltà rispetto alle economie europee con cui siamo più direttamente in competizione.
Il secondo fattore dei vantaggi dell’area economica milanese è dato dalla presenza di start-up e PMI innovative. Qui innovative non è un aggettivo generico, ma un termine qualificativo di quelle imprese nuove o con più di 5 anni di attività che investono costantemente oltre il 3% del fatturato in ricerca e sviluppo oltre ad avere un personale con alte qualifiche.
L’area territoriale coperta dalla Camcom di MILoMb ha il 20,4% delle start-up e il 24,8% delle PMI innovative del Paese. Fra le start-up un 30% è guidata da stranieri. Questo tessuto di imprese vocate all’innovazione crea la flessibilità e le capacità tecniche per affrontare le sfide della trasformazione spesso sposando digitalizzazione e sostenibilità per sostenere la transizione dei sistemi di produzione tradizionali.
Terzo fattore chiave è la presenza di imprese multinazionali e quindi il forte interscambio internazionale. La presenza di grandi imprese di chimica, farmaceutica, elettronica e servizi ICT (hanno complessivamente quasi 180mila addetti nell’area milanese) crea poli di ricerca e sviluppo fondamentali anche per il tessuto delle aziende più piccole e che incrociano le ricadute delle iniziative del settore industriale più aperto al mondo.
Capitale umano, attrattività e innovazione. L’algoritmo milanese, ci dicono i dati della Camera di Commercio, funziona. Può essere di esempio per altri distretti territoriali del nostro Paese e può anche indicare quali errori non commettere. La centralità assegnata alle persone anche in questa fase di nuova crescita delle innovazioni nella economia ci deve rendere attenti al fatto che gli algoritmi non devono sopraffare la capacità umana di indirizzare le scelte verso il bene comune.
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