Ursula von der Leyen è stata riconfermata per guidare nei prossimi cinque anni la Commissione europea. Giovedì, nella sessione plenaria dell’Europarlamento, ha ottenuto 401 voti, ben sopra la maggioranza assoluta dei 361 voti richiesti.
Nelle settimane precedenti la Presidente uscente aveva la certezza dell’appoggio di tre raggruppamenti: il Partito popolare europeo, i socialisti e i liberali di Renew. Tuttavia, temendo il fuoco amico di europarlamentari della sua stessa coalizione che avevano dichiarato che non avrebbero votato per lei, la candidata tedesca aveva cercato l’appoggio dei Conservatori e dei riformisti europei (Ecr), di cui fa parte Fratelli d’Italia, uscito vincente dalle urne delle elezioni europee di giugno. La sensazione di aver conquistato uno status di “king maker” aveva spinto la presidente del Consiglio Meloni a considerare acquisita la negoziazione di posizioni di rilievo nella composizione del prossimo gabinetto europeo. Invece c’è stato un cambio programma. Von der Leyen ha trattato l’appoggio dei Verdi e della sinistra Left EU, rendendo così superflui i voti di FdI.
Paradossalmente proprio i Verdi usciti indeboliti dalle urne a giugno entreranno nella maggioranza di governo della prossima Commissione. Fratelli d’Italia che si era riservata fino all’ultimo la libertà di scelta in funzione del discorso programmatico della von der Leyen, ma che con buone probabilità non si riteneva soddisfatta delle trattative al vertice di queste settimane, ha votato contro.
E proprio il discorso per la riconferma alla guida della Commissione Ue smentisce le illazioni delle ultime settimane su un possibile rallentamento o ripensamento di Bruxelles sulla tabella di marcia del Green Deal. Viene confermato l’obiettivo di tagliare le emissioni del 90% entro il 2040 che “sarà scritto nella nostra legge sul clima”, ha ribadito Ursula von der Leyen. Nelle linee guida viene messa grande enfasi sul Clean Industrial Deal, successore del Green Deal, che promette di abbassare il costo delle bollette per le imprese e le famiglie. Una pietosa bugia. La stessa Commissione ha rilasciato una stima secondo cui il costo di un pannello solare prodotto in Cina varia tra i 16 e i 18,9 centesimi per watt di capacità produttiva, negli Usa si situa a 28 centesimi e in Europa fra i 24 e i 30 centesimi. Stesso discorso per le auto elettriche: la Panda elettrica dovrebbe costare poco meno di 25mila euro. Un’utilitaria cinese, altrettanto performante, si acquista per meno di 9mila euro. L’impressione è che proseguirà il pericoloso disaccoppiamento tra la visione di politica industriale degli eurocrati e quella degli industriali europei.
Cambiare l’etichetta al Green Deal (anche perché si presta bene alla battuta Grim Deal, Triste Accordo) non spiega ancora la sostenibilità finanziaria di misure che non hanno copertura. I green bond? Per attrarre e trattenere in Europa capitali privati non basta il dirigismo della Commissione, servono allettanti prospettive di reddittività. A meno che a Bruxelles non abbiano piantato una varietà di money tree.
Infine, la nota stonata al trionfo di Ursula von der Leyen è arrivata la vigilia della sua rielezione con la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea per la mancanza di trasparenza nei contratti di acquisto di vaccini contro il Covid. Va segnalato che il caso giudiziario è scaturito da una richiesta avanzata dal gruppo dei Verdi. Gli stessi che ora siedono nella coalizione di governo della Commissione von der Leyen- bis.
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