TERZO GENERE, LA SENTENZA DELLA CONSULTA CHIEDE L’INTERVENTO DEL PARLAMENTO CON UNA LEGGE SUL “GENERE NON BINARIO”
Secondo la Corte Costituzionale per poter attribuire anagraficamente il “terzo genere” – o “genere non binario” – servirà una legge dello Stato in quanto è inammissibile «la rettifica del sesso negli atti». Lo ha deciso la Consulta comunicando la decisione nel “giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale” con redattore il giudice Pettitti: la sentenza n.143 depositata oggi 23 luglio 2024 prende spunto dal ricorso del Tribunale di Bolzano in materia di «rettificazione di attribuzione di sesso».
In sostanza, la Consulta ha stabilito e dichiarato come inammissibili le questioni sollevate in merito alla rettificazione del terzo genere, ovvero non maschile e non femminile, caposaldo della cultura contemporanea LGBTQ+ attorno al concetto di “non binarietà”: «l’eventuale introduzione di un terzo genere di stato civile avrebbe un impatto generale, che postula necessariamente un intervento legislativo di sistema, nei vari settori dell’ordinamento e per i numerosi istituti attualmente regolati con logica binaria», si legge nel comunicato ufficiale della Corte. Il “terzo genere” riguarda la caratterizzazione di fatto binaria tra uomo e donna che sta alla base di tutta la Costituzione, a cominciare dal diritto di famiglia, lavoro, sport e stato civile: allo stesso tempo, la Consulta riconosce che tale percezione dell’individuo di non appartenere a nessuno dei due generi binari canonici – da cui appunto nasce l’esigenza di essere riconosciuto in una “altra identità” – «genera una situazione di disagio significativa rispetto al principio personalistico cui l’ordinamento costituzionale riconosce centralità». In poche parole, non vi può essere alcuna discriminazione o disparità di trattamento contro le persone “non binarie” ma per poter ottenere tale riconoscimento occorrerà una nuova legge del Parlamento in breve tempo.
COSA DICE LA CORTE COSTITUZIONALE E QUALI IMPLICAZIONI SULLE OPERAZIONI DI TRANSIZIONE DI GENERE
Il terzo genere dovrà essere dunque all’attenzione del legislatore come tematica sociale e politica, senza però dimenticare come debba essere dichiarato illegittima a livello costituzionale nella parte in cui viene prescritto l’autorizzazione dei giudici in Tribunale al «trattamento medico-chirurgico anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l’accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso».
Il caso di Bolzano nasceva dalla richiesta di un transgender, nato donna e in fase di transizione verso il genere maschile, che voleva rettificare il sesso nell’atto di nascita cambiandolo da “femminile” a “altro”, per l’appunto il terzo genere. La stessa Corte di Consulta osserva come il percorso di transizione di genere in quanto può compiersi con trattamenti ormonali e sostegno psicologico-comportamentale, dunque senza necessità di un intervento di adeguamento chirurgico, la prescrizione del via libera di un Tribunale all’operazione è da considerarsi «irragionevole», nella misura in cui «sia relativa a un trattamento chirurgico che avverrebbe comunque dopo la già disposta rettificazione». È dunque per questo motivo che viene ritenuto inammissibile la rettifica anagrafica – senza che esista ancora una legge sul “terzo genere” – in quanto non sarebbe funzionale a determinare i presupposti di tale annullamento.