10 anni dopo l’arresto di Massimo Bossetti, con una sentenza all’ergastolo blindata in tre gradi di giudizio conclusi nel 2018, la difesa, rappresentata dai legali Claudio Salvagni e Paolo Camporini, ha potuto vedere per la prima volta i reperti dell’omicidio di Yara Gambirasio. Guardare, sì, ma non toccare: contrariamente a quanto era stato disposto nel 2019, con una autorizzazione concessa per l’analisi, i consulenti del condannato non hanno potuto svolgere alcun accertamento sul materiale conservato – tra cui indumenti della vittima e 54 campioni di Dna (verosimilmente distrutti dopo la decisione del pm Letizia Ruggeri di spostarli da 80 gradi sottozero a temperatura ambiente nonostante l’assenza del provvedimento di un giudice e la loro potenziale capacità probatoria) -, limitandosi alla mera osservazione esterna.
Già questa, però, si sarebbe rivelata sufficiente, secondo l’avvocato Salvagni, a intravedere la possibilità di eseguire esami che potrebbero servire ai difensori nell’ottica di una istanza di revisione del processo. Sui vestiti di Yara, infatti, vi sarebbe la presenza di macchie non analizzate all’epoca e un particolare, relativo alle scarpe della 13enne, ha destato l’attenzione degli avvocati di Bossetti: sembrerebbero così pulite e ben conservate da spingere la difesa, ancora una volta, a sostenere l’impossibilità di una permanenza del cadavere per 3 mesi – dalla scomparsa datata 26 novembre 2010 al ritrovamento del corpo, avvenuto il 26 febbraio 2011 – in quel campo di Chignolo d’Isola provato dalle rigide condizioni meteo dell’inverno bergamasco. Questo, e molti altri dettagli di ciò che la difesa spera di analizzare, sono stati descritti da Salvagni in una recente intervista rilasciata ad Andrea Lombardi attraverso il suo canale YouTube. Dichiarazioni rese mentre a Venezia si decide sulla sorte dell’inchiesta per frode processuale e depistaggio che, dal 2022, vede indagata la pm Letizia Ruggeri – titolare dell’indagine sul caso di Yara – a seguito della denuncia di Bossetti sulla distruzione delle provette di Dna contenenti anche la traccia “Ignoto 1” che lo inchiodò al fine pena mai. Oggi, 24 luglio, il gip deciderà se accogliere la richiesta di archiviazione proposta dalla Procura del capoluogo veneto o se ammettere l’opposizione avanzata dai legali di Bossetti e portare così il magistrato al rinvio a giudizio.
Omicidio Yara, Bossetti spera ancora: quali reperti mancano all’appello secondo l’avvocato Salvagni
Massimo Bossetti continua a dirsi estraneo all’omicidio di Yara Gambirasio e spera ancora di poter analizzare i reperti, Dna compreso. Lo ha ribadito nella docuserie Netflix Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio, uscita in Italia il 16 luglio scorso e finita al centro della querelle tra innocentisti e colpevolisti (ritenuta da questi ultimi una sorta di “apologia” dell’assassino): “I veri assassini ridono di me (…). La pm Ruggeri mi ha distrutto la vita“.
Sempre ai microfoni di Andrea Lombardi, pochi giorni fa, l’avvocato Claudio Salvagni, che assiste Bossetti fin dal suo arresto, ha precisato che la difesa ha potuto visionare soltanto una parte dei reperti relativi all’omicidio di Yara e che molti, alcuni dei quali di notevole interesse in ottica difensiva, mancherebbero all’appello. “Incredibilmente non c’erano tutti, infatti abbiamo recentemente chiesto di vedere anche gli altri, tutti quelli che sono agli atti. C’è un elenco ben preciso. Mancavano le chiavi, il cordino del lettore mp3, il lettore stesso, la famosa Sim del telefono (mai ritrovato), i guanti, che sono importantissimi perché su quelli fu trovato il Dna di un uomo e di una donna (definiti Uomo 1 e Donna 1). Tutti questi reperti non erano custoditi all’Ufficio corpi di reato e, al momento, non sappiamo dove sono. Vogliamo sapere dove sono andati a finire, non è normale“.