L’Italia deferita dalla UE alla Corte di giustizia per l’assegno unico per i figli. Secondo la Commissione europea, così come viene riconosciuto oggi, sarebbe discriminatorio perché non possono riceverlo i lavoratori che non risiedono in Italia da almeno due anni o che hanno figli che non risiedono in Italia. Verrebbero violati due Regolamenti europei: il UE n. 492/2011 relativo alla libera circolazione; il CE n. 883/2004 sul diritto di accesso alle prestazioni sociali, non riconoscendo i diritti dei lavoratori mobili di altri stati membri UE che vengono in Italia. Una norma che invece, spiega Natale Forlani, ex segretario confederale della Cisl e attuale presidente dell’Inapp, Istituto nazionale analisi politiche pubbliche, in realtà vuole solo evitare comportamenti opportunistici, ma che, se verrà riconosciuta inadeguata dai giudici europei, potrebbe mettere a rischio la sussistenza stessa dell’assegno, rendendo incontrollabile la spesa da mettere in preventivo per la sua attuazione.
Perché la UE ha messo nel mirino l’Italia e l’assegno unico?
Per la Commissione della UE, la parità di diritto di accesso alle prestazioni sociali senza particolari condizioni di residenza è parte integrante del diritto alla libera circolazione, sia per i cittadini e i lavoratori comunitari che per gli extracomunitari con regolare permesso di soggiorno. In via generale, questo è lo storico orientamento della Corte di giustizia europea, che tra l’altro è stato utilizzato per sanzionare l’Italia anche per l’attribuzione degli ex assegni familiari ai figli degli immigrati residenti nei Paesi di origine.
Perché la UE non coglie nel segno, non comprende la ratio della normativa italiana?
L’errore della Commissione UE, a mio avviso, è quello di non ponderare in modo ragionevole l’interpretazione di questi diritti. Ad esempio, stabilire l’applicazione dei requisiti Isee di reddito e patrimonio previsti dalla normativa italiana per accedere all’assegno unico nei Paesi di origine è praticamente impossibile per l’assenza di sistemi analoghi amministrativi ovvero comparabili alle condizioni economiche dei Paesi sviluppati. L’importo dell’assegno unico universale in euro equivale per molti Paesi al valore di uno stipendio dei lavoratori locali. Per il bilancio pubblico italiano diventa pressoché impossibile stimare l’importo economico della misura da mettere a carico dei contribuenti italiani per l’impossibilità di conoscere quanti figli residenti in altri Paesi sono a carico di persone residenti in Italia.
Il deferimento, se assecondato dalla Corte di giustizia, rischia di far saltare l’assegno unico?
Per le ragioni appena esposte, diventerebbe praticamente impossibile stimare l’impatto delle misure adottate in ogni stato nazionale. La stima della sostenibilità, peraltro, è uno dei requisiti richiesti dalle autorità europee per definire la credibilità e la sostenibilità delle singole misure dei bilanci pubblici. L’obiettivo della legge sull’assegno unico universale, quello di sostenere le condizioni delle famiglie con minori residenti in Italia, verrebbe di fatto stravolto. L’interpretazione della Commissione UE sarebbe destinata a favorire i comportamenti opportunistici per gli evidenti e sproporzionati vantaggi che vengono generati per il sostegno dei figli residenti nei Paesi di origine. La gran parte di questi Paesi, tra l’altro, non è nemmeno dotata di anagrafi credibili sulla popolazione e sulla consistenza dei nuclei familiari.
(Paolo Rossetti)
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