The Chosen 4, disponibile da pochi mesi sull’app dedicata “The Chosen” e sulla medesima piattaforma digitale, oltreché su Netflix (che non ha alcun diritto sul prodotto ma solo la possibilità di trasmetterlo) è il nuovo capitolo della serie sulla vita di Gesù. Una serie che ripropone la freschezza del messaggio evangelico; in particolare in questa quarta stagione sono due le principali tematiche che si sviscerano nelle varie puntate: da un lato ci sono i discepoli, che passano pian piano dall’entusiasmo dello stare con Gesù alla difficoltà a capire il suo messaggio. Se dapprima i miracoli erano fonte di soddisfazione e segno di stare seguendo il vero Messia, nella quarta stagione c’è una svolta inattesa: la missione di Gesù inizia a essere pericolosa e il loro rabbì a essere malvisto da chi detiene il potere, soprattutto quello religioso.
Allo stesso tempo cresce l’attesa per un Messia che risponda più alle loro attese e alle loro idee che a quello che Gesù è realmente: contrariamente allo “zelo” di Dio mostrato dalla frangia estremista degli zeloti, di cui ha fatto parte il discepolo Simone lo zelota, la regalità di Cristo «non si fonda sulla violenza; Egli non avvia un’insurrezione militare contro Roma. Il suo potere è di carattere diverso: è nella povertà di Dio, nella pace di Dio, che Egli individua l’unico potere salvifico […]. Lo zelo per la casa di Dio (il tempio) lo porta alla passione, alla croce. È questa la svolta fondamentale che Gesù ha dato al tema dello zelo. Ha trasformato nello zelo della croce lo “zelo” che voleva servire Dio mediante la violenza» (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, volume 2).
Allo stesso tempo viene presentata anche la fatica e la delusione di Gesù per l’incomprensione dei suoi discepoli: dopo tutti i miracoli, ma soprattutto dopo tutti i giorni passati con Lui, dopo la quotidianità che Lui era diventato, ancora non lo capiscono. Impegnati in richieste pavide e invidiose (magistrale come viene presentata la sua reazione alla richiesta dei Figli del Tuono Giacomo e Giovanni di sedere uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra – cfr. Mc 10, 37) sembrano perdere di vista l’essenziale del suo messaggio, così come ignorano l’annuncio profetico della sua passione e morte (“non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto”, Lc 18,34). Non solo i discepoli sono problematici, a loro si aggiungono anche gli scontri verbali e fisici con i sacerdoti e il sinedrio, uno scontro al quale Gesù non si sottrae; non è più il tempo di operare nel nascondimento, perché il tempo è giunto e la sua missione deve compiersi.
La quarta stagione è uno spartiacque netto tra le prime tre stagioni e le prossime tre: si passa dalla novità gioiosa del Vangelo alla durezza del cammino, avvolta da umane incomprensioni. Questa stagione collega appunto l’inizio con la conclusione, dato che la prossima inizierà con la Domenica delle Palme, preludio della Passione. La vicenda di Tommaso in particolare, seppur frutto dell’invenzione cinematografica, permette al discepolo (e quindi allo spettatore) di porre delle domande senza apparente risposta, dei perché legittimi a cui, in fin dei conti, Cristo non può che rispondere che con il suo amore. Quello che viene sempre più reso evidente è che la vicinanza a Lui non rende i discepoli dei supereroi, né li fa stare al sicuro, eppure questi, pur non capendolo, continuano a seguirlo.
Nella stessa stagione, apertasi con la decapitazione del Battista e con il messaggio che “la strada è pronta”, trovano spazio i dubbi di Giuda e il sopravvento della sua idea rispetto alla realtà, tanto che diventerà sempre più cieco fino ad arrivare al tradimento.
Nella durezza della stagione c’è spazio anche per momenti di letizia e commozione, in particolare per quanto riguarda la resurrezione di Lazzaro e il cieco nato. L’episodio però più commovente è quello del centurione romano che, dopo un primo momento in cui si ritiene indegno di andare da Gesù, domanda inginocchiandosi la guarigione del figlio/servo, un miracolo che chiede di fare a distanza, perché “io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito” (Mt 8,8). Quello che qui non è il miracolo a distanza, ma la certezza del centurione che, tornando verso casa, si ferma nelle varie bancarelle per comprare l’occorrente per festeggiare: ancora prima di aver visto il figlio/servo guarito, sa di essere stato esaudito (“In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! […] E Gesù disse al centurione: “Va’, avvenga per te come hai creduto”. In quell’istante il suo servo fu guarito”, Mt 8, 11-13).
In definitiva, pur omettendo alcuni passi del Vangelo (il giovane ricco, Zaccheo, Gesù che scrive sulla sabbia e altro ancora) la serie è ormai una garanzia, restituendo umanità alla storia della salvezza, un’umanità nella quale Dio si fa presente tramite il Figlio, nel mistero della Trinità.
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