A poco più di un anno di distanza dalla censura da parte della Corte Costituzione – ma ci arriveremo -, il Governo e l’Associazione bancaria italiana hanno nuovamente rinnovato l’accordo per l’anticipo sul Tfs degli Statali: a dare l’annuncio è stato il Messaggero che avrebbe posato gli occhi sul dpcm che attende – ora – solamente il via libera definitivo per entrare in vigore. Partendo dal principio, è importante sottolineare che con la sigla Tfs si intende il Trattamento di fine servizio, del tutto simile al più noto Tfr ma riservato a coloro che hanno prestato servizio in una pubblica amministrazione.
Il nodo da sciogliere era proprio quello del desueto (ed ingiusto) meccanismo che costringe gli ex dipendenti pubblici a chiedere proprio all’Abi un anticipo sulla loro liquidazione per evitare di finire nell’intricato – e lunghissimo – meccanismo statale: ad oggi il Tfs agli statali viene riconosciuto in tre differenti rate con una media di ritardo tra i due e i sette anni dopo la fine del rapporto lavorativo; mentre grazie agli anticipi si garantisce – a chi ne ha bisogno – la possibilità di mettere le mani almeno su una parte del trattamento, pagando (ovviamente) gli interessi alla banca.
Il nuovo anticipo sul Tfs degli Statali: cos’è stato deciso da Governo ed Abi, tra cifre, tempistiche e interessi
Un meccanismo – dicevamo in apertura – fortemente criticato e censurato dalla Corte Costituzionale che un anno fa ha chiesto ai rappresentati governativi di superarlo al più presto; ma ad oggi sembra che non ce ne sia stata la possibilità perché liquidare immediatamente la cifra (secondo stime dell’Inps) costerebbe qualcosa come 14 miliardi di euro, così come la Ragioneria ha rigettato il decreto proposto da maggioranza ed opposizione: l’obiettivo era quello di ridurre da un anno a tre mesi il periodo del primo versamento, disponendo anche un aumento dagli attuali 50mila euro di prima rata a 63mila e seicento, ma il costo sarebbe stato di quasi 4 miliardi.
Tornando ad oggi, secondo l’indiscrezione del Messaggero il risultato è stato un ‘semplice’ rinnovo del meccanismo di anticipo del Tfs per gli statali: ora – invece dei già citati 50mila euro – gli ex PA potranno chiederne al massimo 45mila; mentre la novità più interessante è che il tasso d’interesse è stato fissato alla durata dell’anticipo maggiorata con uno spread dello 0,4%. Un tasso – appunto – calmierato, ma che non risolve in alcun modo il noto principale sollevato dalla Corte Costituzionale; né muta l’attuale tempistica per ottenere (senza anticipi o prestiti) il proprio trattamento finale.