Sulla riforma pensioni 2025 sono state tratte diverse conclusioni. Qualcuna più apprezzata di altre anche se adesso i problemi si fanno sempre più evidenti, dato che il Governo ha poco tempo per poter svelare le carte sul tavolo (in occasione dell’uscito del Nadef previsto per l’autunno).
Dopo l’estate – tra settembre e ottobre – occorre mettere in atto le misure previste per la prossima riforma previdenziale. L’intento di abolire la Fornero non è mai stato preso sul serio dato che essa non è mai stata cancellata ma leggermente “modificata”.
Riforma pensioni 2025: tra riduzioni e incentivi
Pensionioggi ha intervistato Mauro Marino (un esperto di politica previdenziale) che ha tratto le sue conclusioni sulla riforma pensioni del 2025 e ha messo alla luce alcuni aspetti che fino ad oggi non erano stati trattati.
Prima di tutto occorre premettere che la Fornero – come anticipato – non è mai stata abrogata e il suo schema è rimasto identico a quello del 2012. Gli unici cambiamenti hanno riguardo l’introduzione di alcune misure provvisorie come Quota 103 Quota 102, Opzione Donna e Ape Social.
Tuttavia durante questi anni se è pur vero che molti lavoratori hanno potuto godere del pensionamento anticipato oggi quel che è preoccupa è il futuro per i giovani.
L’idea di Marino sulla riforma pensioni 2025 – insieme al gruppo UTP – è quello di fissare un’età pensionabile di base (preferibilmente a partire dai 66 anni) e di concedere degli incentivi così come si era parlato per la possibile pensione complementare.
In questo modo lo Stato potrebbe avere un costo minore per pagare i pensionati italiani e il gap verrebbe colmato da coloro che desiderano proseguire il lavoro pur avendo maturato i requisiti per l’età pensionabile.
Il gruppo UTP applicherebbe soltanto due condizioni: aver versato almeno vent’anni di contributi previdenziali e aver raggiunto un importo minimo dell’assegno pari a 780 euro.
Una pensione per tutti
Mauro Marino ha aggiunto una nota di riflessione di cui il Governo dovrebbe tener conto nel momento in cui stilerà la proposta per la riforma pensioni del 2025: le finestre di mobilità dovrebbero essere rimosse in quanto l’uscita dal lavoro dovrebbe essere immediata (almeno per chi ha già versato oltre 40 anni di contributi).
Il potere centrale sarebbe contrario a questa misura perché l’Erario avrebbe un’uscita di sei miliardi annui, ma Marino ribatte sostenendo che è impossibile avere un costo simile dato che i lavoratori che hanno versato 41 anni di contributi sono molto più inferiori rispetto alle aspettative.