Non c’è voluto molto prima che la scelta della Bank of Japan mostrasse le sue conseguenze. I due grafici più in basso parlano più di mille parole.
Potrei fermarmi qui e invitarvi a leggere il mio articolo di ieri, prima che il mercato nipponico crollasse letteralmente. In tre giorni sono stati bruciati tutti i guadagni di Borsa del 2024. In tre giorni. E l’esplosione dei carry trades sullo yen, dopo che la mossa della Banca centrale ha portato a un apprezzamento shock della valuta, si è immediatamente riverberata sui titoli bancari. Sprofondati letteralmente.
Ora, la questione è tanto semplice quanto da pistola alla tempia: al netto del fatto che un’economia con la ratio debito/Pil al 263% non può alzare i tassi, ora la Boj cosa farà? Anzi, la domanda esatta è un’altra: chi salverà? Lo yen? Il Nikkei? O i bond sovrani di cui è ancora stracarica, detenendone oltre il 50% del totale?
Qualcuno va sacrificato. Si chiama redde rationem. Quello che dieci anni di Qe strutturale e controllo della curva dei rendimenti ha continuamente rimandato. Calcione dopo calcione al barattolo della realtà macro. Tranquilli, i Majakovsky del debito che non esiste e del Giappone che lo dimostra, tacciono. O, più facilmente, parleranno di altro in queste ore. Magari di pugilato.
Signori, nessun pasto gratis. Nemmeno se a base di sushi. Ma chi ha letto il mio articolo di ieri, sa anche quale sia la mia interpretazione della mossa tra il suicida e l’idiota della Banca centrale nipponica: visto che un crash è ineluttabile, stante i livelli di leverage raggiunti, tanto vale essere noi i detonatori che lo scatenano. Quantomeno, a Tokyo pensano che così facendo avranno un minimo di vantaggio temporale. Indovinate invece chi sono i fessi che resteranno a fondo valle, certi che la palla di neve dell’inflazione arriverà placida e innocua e non si trasformerà invece in valanga di debito da policy error monetario?
Esatto, quei fessi di europei. E la conferma arriva indirettamente dall’ultimo dato sulla dinamica dei prezzi dell’eurozona, pubblicato giovedì. Guarda caso, un colpo di coda. Inatteso. Giusto giusto per mettere di nuovo in discussione il taglio che tutti si attendono per la riunione del board di settembre. Tradotto, Christine Lagarde sa di essere ormai in rampa di lancio per trasformarsi in Jean-Claude Trichet. E tenta il magheggio in stile Fed dei dati macro manipolati. Ma come per il Giappone, trattasi meramente di un calcio al barattolo di breve termine. E scarsissimo effetto concreto. Perché il caos è globale, perché è l’intero Sistema ad annegare nel debito tramutato in leva e quest’ultima in profitto.
Ora date un’occhiata a questo grafico: ci mostra i controvalori di vendita di titoli azionari di Bank of America effettuati da Warren Buffet dal 19 luglio scorso all’altro giorno.
Che dite, forse il problema non è solo delle banche giapponesi? E forse non è nemmeno questione di controparte su quei carry trades che stanno saltando come tappi di champagne a Capodanno. In 20 giorni, l’oracolo di Omaha ha scaricato quasi 4 miliardi di dollari in azioni di una delle Big 4 del credito statunitense. Cosa sa che noi comuni mortali ancora ignoriamo? Qual è la criticità di fondo? Forse l’esposizione creditizia al real estate commerciale che sta per presentare il conto? O forse c’è anche dell’altro?
Una cosa è certa: per la Fed, tutto a posto. Bank of America ha infatti passato di slancio gli stress test di un mese fa. Tutto in ordine e certificato. Eppure, l’investitore più famoso e venerato al mondo, scarica 4 miliardi in titoli azionari come se stesse per bruciarsi le dita. In meno di tre settimane. Strano, no? Ma tranquilli, il sottoscritto è una Cassandra. Uno di quelli che continua a urlare al lupo, al lupo, conscio che per la legge dei grandi numeri – come accade per gli orologi rotti che segnano l’ora esatta due volte al giorno – prima o poi un crash azionario da rivendicare come anticipato, arriverà. In tal senso, vi invito a rileggere qualche articolo a caso dello scorso febbraio-marzo, quando la Fed rivendicò la scelta di chiudere in base alla tempistica prestabilita il Btfp, il fondo salva-banche e utilizzare in massa la Discount Window, ampliandone la platea di soggetti accreditati (filiali Usa di banche giapponesi comprese). Perché la crisi bancaria iniziata con il default di Silicon Valley Bank era risolta, a detta loro. Andate a rileggere cosa scrivevo. E cosa prospettavo per il Giappone, visto che – stranamente – proprio in marzo a Tokyo si decise di rialzare i tassi per la prima volta dopo 10 anni, in contemporanea con quello strano stigma che arrivava dall’America. Era tutto pronto da mesi.
Non ci credete? Aspettate che arrivi settembre. Sembrerà davvero come essere in un’edizione animata de La settimana enigmistica. Da un giorno con l’altro, quelli che apparivano come puntini disseminati qua e là, si tramuteranno in una figura chiara e nitida. E in chiusura, permettetemi uno spoiler. Quell’immagine non vi piacerà. Affatto.
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