Il ministro Adolfo Urso lo ha confermato: il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha intavolato un dialogo con Dongfeng Motors per realizzare siti produttivi automobilistici cinesi in Italia. In agosto ci saranno contatti anche con Byd e Aiways per lo stesso motivo. Un’iniziativa che fa seguito a un memorandum, firmato nel recente viaggio del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Cina, nel quale viene prevista una collaborazione riguardo le auto elettriche e ibride. Le eventuali nuove fabbriche cinesi in Italia potrebbero sorgere anche in aree industriali dismesse. Proprio per individuarle sarebbero state interpellate anche le Regioni. Secondo alcune voci potrebbero anche essere sorgere in spazi di Stellantis.
L’arrivo dei cinesi nei singoli Paesi europei senza che il problema venga affrontato a livello UE potrebbe, però, rivelarsi un problema. Lo dice Vittorio Coda, professore emerito dell’Università Bocconi, che mette in guardia da un indebolimento dell’Europa tutta: l’Unione Europea, insomma, dovrebbe affrontare questo tema in modo unitario, tenendo conto anche delle implicazioni di politica estera delle scelte economiche. Intanto in Germania le vendite delle auto elettriche sono calate del 37% rispetto al luglio dell’anno scorso. Un segno che la svolta elettrica non è proprio dietro l’angolo.
Il Governo, attraverso il ministro Urso, sta trattando con il colosso Dongfeng la possibilità di realizzare un sito produttivo in Italia. Come vede questa iniziativa? Come potrebbe cambiare il settore automobilistico?
Penso che il problema della politica industriale, quella del settore automobilistico in particolare, debba essere affrontato a livello europeo. È pericolosissimo per i singoli membri dell’Unione Europea far entrare i cinesi alla chetichella.
Perché?
Perché sono molto invasivi, possono creare problemi, fanno del dumping. Bisogna andarci molto piano anche in relazione alla politica internazionale e alla posizione della Cina sul tema della guerra in Ucraina. Tutti problemi che andrebbero discussi al tavolo europeo.
L’arrivo dei cinesi in Italia, tuttavia, porterebbe posti di lavoro: non è un aspetto positivo?
Sì, ma farli entrare in Europa la vedo ancora come una scelta pericolosa: bisogna andare piano a intensificare i rapporti con loro in questo modo. È un tema che riguarda la politica estera e industriale: siamo di fronte a un’Europa che non vuole fare passi avanti, che procede senza un piano. Così si indebolisce. Non possiamo smantellare la UE in questo modo. Lo dico da europeista. Invece bisognerebbe investire sull’Europa, anche da parte del Governo italiano. Mi preoccupa molto che si sia defilato quando c’è stata la nomina della Von der Leyen. Forza Italia è nel governo europeo, ma Fratelli d’Italia avrebbe fatto bene a comportarsi diversamente.
Che prospettive ha invece il nostro settore automobilistico?
Lo vedo a rischio in tutta Europa, a rischio di invasione da parte della Cina. Vale anche per Stellantis. Con i cinesi bisogna difendersi, invece che spianare la strada, o perlomeno cercare di approfondire i problemi.
L’accordo prevederebbe anche partecipazioni pubbliche e il coinvolgimento della componentistica italiana: non può essere un vantaggio?
I cinesi vanno avanti decisi sull’elettrico, non credo che si salvi la componentistica. Ci sono produttori di componenti che vanno bene anche per l’elettrico. La gran parte, tuttavia, deve trovare la propria strada, proprio perché è stata fatta una scelta mondiale, anche da parte dei cinesi, per andare sull’elettrico.
Le vendite delle auto elettriche stanno conoscendo un forte calo: in Germania del 37%. Audi e Mercedes penserebbero di fare qualche investimento ancora sull’endotermico. Ci potrebbe essere un ripensamento sulle strategie?
Non sono informato sul fatto che tornino a investire sui motori endotermici, anche perché hanno messo in marcia tutta una serie di investimenti sull’elettrico. A meno che adesso li interrompano a metà. Non credo che ci sia un ripensamento delle strategie delle case automobilistiche.
(Paolo Rossetti)
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