FOLLIA IN CATALOGNA: DOPO 7 ANNI TORNA IL LATITANTE PUIGDEMONT… MA RIESCE A SCAPPARE NUOVAMENTE
Carles Puigdemont l’ha fatto di nuovo: sparito davanti agli occhi della polizia che lo stava per braccare tanto nel 2017 quanto oggi, sette anni dopo. L’assurda e imbarazzante figura delle autorità di Spagna è andata in scena questa mattina a Barcellona in Catalogna, dove l’ex Presidente della Generalitat nonché leader catalano è riapparso per un breve comizio davanti all palazzo della Regione dove avveniva l’investitura del nuovo governatore socialista Salvador Illa. Annunciato il giorno prima dallo stesso Puigdemont, l’operazione “Gabbia” per catturare l’ex leader catalano (accusato di ribellione, sedizione e appropriazione indebita dopo la dichiarazione di indipendenza della Catalogna il 27 ottobre 2017) prevedeva l’arresto al termine del comizio: peccato che al momento delle manette, Puigdemont si è dileguato come nei migliori film di spionaggio.
L’operazione prevedeva anche numeri posti di blocco all’uscita di Barcellona per fermare l’eventuale fuga dell’ex presidente ma né qui né davanti alla Generalitat l’imprendibile leader politico da 7 anni latitante in Belgio si è fatto braccare. Centinaia di poliziotti tra Guardia Civil e Mossos d’squadra (la polizia regionale della Catalogna) erano pronti per arrestare Puigdemont e ha davvero dell’incredibile pensare come dopo il comizio, avendo preso parte ad una marcia verso il Parlamento catalano, il politico responsabile del referendum illegale per l’indipendenza si sia dileguato nella folla. Secondo le prime informazioni in arrivo da Barcellona, uno degli agenti dei Mossos è stato arrestato questo pomeriggio in quanto avrebbe favorito la fuga di Puigdemont cedendogli una volante ufficiale delle forze dell’ordine.
PERCHÈ PUIGDEMONT È TORNATO (PER POCO) IN CATALOGNA: IMBARAZZO PER IL GOVERNO SANCHEZ, TUTTI GLI SCENARI
«Nonostante tutti gli sforzi per farci del male, sono venuto qui oggi per ricordare loro che siamo ancora qui e che non dobbiamo arrenderci»: così Carles Puigdemont ha detto nel brevissimo comizio davanti al Parlamento catalano, aggiungendo il celebre motto “Viva la Catalogna libera!”. Sembra a quel punto tutto pronto per l’arresto in pompa magna ma la fuga è stata nuovamente coperta (ed evidentemente studiata da tempo). La caccia all’uomo è ancora in corso dentro e fuori Barcellona ma per il momento, dopo oltre 12 ore, di Puigdemont ancora non c’è traccia, coperto da qualche Mossos e anche dalla folla che ancora vede in lui un leader affidabile (nonostante la fuga prima dell’arresto nel 2017, mentre i suoi fedelissimi rimasero a Barcellona fino agli arresti).
Dopo l’illegale referendum sull’autonomia della Catalogna, l’allora Premier Mariano Rajoy commissariò la regione e destituì Puigdemont e il suo Governo: da quel punto la fuga con 4 consiglieri in Belgio, fino all’8 agosto 2024 con il ritorno clamoroso e la successiva ulteriore fuga. L’intento del leader, che ricordiamo appoggia esternamente con il suo partito “Junts per Catalunya” il Governo socialista di Pedro Sanchez, era impedire l’investitura del nuovo governo di Catalogna anch’esso di sinistra. L’ambiguità continua di Puigdemont e del rapporto tra autonomisti catalani e Governo Sanchez permane, specie dopo che la Corte Suprema di Spagna ha bocciato la legge sull’amnistia che fino ad oggi ha tenuto in piedi l’esecutivo di sinistra: il Premier ha concesso l’amnistia per Puigdemont e soci, in cambio di un appoggio esterno al Governo che “sopravvive” per ben pochi voti in Parlamento. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale l’accordo traballa e gli eventi avvenuti oggi a Barcellona possono avere un ulteriore significato politico: con l’arresto del leader si sarebbe creato un caso politico ancora più grave per il Governo Sanchez che avrebbe potuto perdere l’appoggio in maggioranza. Detto ciò, un “caso” resta quello della seconda fuga spericolata di Puigdemont dalle forze dell’ordine: «Il premier Pedro Sánchez è il principale responsabile dell’impunità del leader secessionista catalano», attacca il leader di Vox, Santiago Abascal con toni durissimi, «agisce come un miserabile, ed è responsabile della distruzione dello Stato di diritto in Spagna».