Che cosa è il fuorigioco? È un’azione del gioco del calcio per cui la palla viene lanciata a un proprio giocatore che si trova già al di là della linea di difesa. È considerato un fallo e come tale viene sanzionato. Se il giocatore segna un gol in fuorigioco, appunto, questo viene annullato (scusate la spiegazione, ma qualche italiano che non conosce il gioco del calcio forse esiste ancora).
Ora, da tempo, la Russia è andata in fuorigioco. Sperava di arrivare in gol, a Kiev, con un’azione fulminea ma è stata fermata in fuorigioco. Più che un calcio di punizione ha subito le sanzioni della comunità internazionale. Fra queste, una, molto dolorosa per l’orgoglio del popolo russo, è stata che, finendo in fuorigioco, i russi sono finiti fuori dai giochi, quelli Olimpici di Parigi. E chi conosce la mentalità di quel popolo può sapere che questa perdita a molti è sembrata più dolorosa di quella di centinaia di migliaia di propri giovani.
Adesso in fuorigioco sono finiti anche gli ucraini. Si sa che in ogni gioco le regole valgono per tutti. Anche in quell’orrendo gioco che si chiama guerra, anche se in russo si chiama “Operazione militare speciale”. È stato detto, giustamente, che forse questa azione dimostrativa (mi pare assai improbabile che gli ucraini vogliano arrivare fino a Mosca) aveva anche, paradossalmente, il senso di mettersi in una buona posizione in vista delle prossime trattative di pace. Personalmente temo che, se si va avanti così, tra un po’ non ci saranno più in panchina giocatori disposti ad entrare in campo.
Avendo come esempio le paci nate dopo le due ultime guerre mondiali, tutti e due i contendenti vogliono presentarsi ai tavoli delle trattative come vincitori, o, almeno, come non perdenti. Se usciamo però per un attimo da questo di discorso di geopolitica calcistico-militare, non possiamo non farci, ancora una volta, una domanda: qual è la cosa essenziale da salvare in questa vicenda?
Un territorio da continuare ad amministrare anche se, tra i sopravvissuti, è in atto un’ostilità feroce tra i sostenitori delle due parti? Un riconoscimento dei propri diritti da parte di una comunità internazionale che non è stata in grado di fermare il conflitto, anche perché schierata spesso dall’una o dall’altra parte dei contendenti? Nella difficile, quasi impossibile, ricerca dell’essenziale, forse (notate quanti forse che, umilmente, sto usando) in questo ci sta aiutando una vicenda di tutt’altro genere che sta toccando la sensibilità degli italiani.
Mi riferisco al caso del nostro simpatico e un po’ spaccone Gianmarco Tamberi. Dopo aver dimostrato, durante la stagione, di essere il più forte di tutti nel salto in alto, dopo aver dedicato gran parte della sua vita ad una probabile vittoria, è stato sconfitto non da un atleta più forte, ma da banalissimi (per noi) calcoli renali. Roba da pensionato, appunto. Aveva calcolato tutto tranne quei calcoli, come il protagonista della parabola narrata da Luca 12,13-21.
Carissimo Gimbo, hai già fatto ed ottenuto moltissimo durante la tua carriera sportiva. Anche a Parigi hai dimostrato a tutti che hai dovuto arrenderti, ma hai lottato con coraggio fino all’ultimo. Ora curati, riposati e con calma pensa a cosa d’ora in ora in avanti sarà essenziale per te. Hai la stima di tutti noi, probabilmente un buon conto in banca. Hai una bella famiglia con una moglie sportiva che può capirti. E forse (ancora un forse…) quel segno di croce frettoloso che hai fatto prima dell’ultimo sfortunato tentativo di 2,27 metri ti può aprire nuove prospettive di vita.
È aperto un concorso per chi vuole capire che rapporto c’è fra le vicende dell’Ucraina è quella di Gimbo Tamberi…
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