“Donna de Paradiso”. Così comincia la bellissima lauda 70 di Jacopone da Todi. Dove donna significa qui “domina”, signora del cielo. Se c’è una Donna che ci può aiutare ad alzare la testa verso il cielo in questo Ferragosto 2024 è proprio lei, Maria di Nazareth, la ragazzina ebrea diventata madre di Gesù poco più che sedicenne e che al momento della sua dipartita dalla terra (non attraverso la morte, ma un dolcissimo sonno, la sua “dormizione”) è stata elevata al cielo con il corpo glorioso. Una cosa che non è mai capitata a nessuna donna o uomo su questa terra. La festa dell’Assunzione di Maria al cielo è antichissima e da sempre si festeggia a Ferragosto, sia nell’Oriente che nell’Occidente cristiano. Nella sua verità teologica, il dogma dell’Assunta è stato però proclamato da papa Pio XII solo nel 1950: “La Vergine Maria, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”.
La festa dell’Assunzione è innanzitutto festa del corpo, dei nostri corpi, certezza che anche noi un giorno con i nostri corpi mortali saliremo al cielo come Maria. È questa la bellezza del cristianesimo, anche se oggi il corpo umano rischia di essere aggredito e umiliato sia a livello fisico che morale. Da tante guerre e da tante povertà, non meno che da ideologie.
Venti secoli di arte e cultura cristiana ci hanno educato a una sana teologia del corpo. Ed è a queste fonti che torniamo a dissetarci. L’arte soprattutto, che senza prediche né ragionamenti, ci affascina e attrae. La bellezza e la grandezza di una tavola (690×360 cm) come quella dell’Assunta che Tiziano Vecellio ha dipinto tra il 1516 e il 1518 per la chiesa dei Frari a Venezia è come un richiamo d’innamorata. Maria! Vorresti essere con lei mentre sale al cielo circondata da una corte di angeli, a piedi nudi su una nube bianca, le braccia come sospese tra la terra e cielo. Umanissimo lo sguardo, impaurito e fiducioso al tempo stesso, mentre con il piede schiaccia l’antico serpente. Un manto blu l’avvolge come una cintura di purezza, le pieghe della veste rossa ricordano la sua fisicità. Vera donna e vera sposa del cielo e della terra, madre della terra e madre nostra, ci trascina nell’impeto che la tiene sospesa tra terra e cielo. Pienamente umana. Irresistibilmente regina. Gli apostoli in basso, agitatissimi e a braccia alzate. Dio Padre come un’ombra, una nube che copre Maria come nel giorno dell’Annunciazione: “Non temere, l’Altissimo ti coprirà con la sua ombra” (Luca 1,35). Ombra, nube che nasconde e custodisce, protegge e al tempo stesso rivela. Nube della non-conoscenza, come la chiamano i mistici dell’Oriente cristiano.
E proprio all’Oriente cristiano, all’icona ortodossa della Dormitio Virginis, attingiamo per conoscere l’altra faccia del mistero dell’Assunta. Nelle chiese ortodosse troviamo esposta sul leggio con grande onore l’icona della Dormizione che ci mostra Maria mentre si addormenta, circondata dagli apostoli in preghiera. Il Figlio grandeggia al centro, asse verticale della composizione, colonna e fondamento dell’Ortodossia, mentre tiene tra le braccia l’anima della Madre. Sul fondo gli angeli portano in cielo Maria, mentre intorno a lei i dodici apostoli “volano” su altrettante nuvolette trasportate dagli angeli. Il cielo fiorisce di forme e colori. Gli apostoli convocati dalla Madre arrivano da lontane missioni: Tommaso dalle Indie, Giacomo dalla Spagna, Paolo di Tarso dai suoi viaggi nelle isole dell’Asia minore. Tutti sono radunati come per un compleanno intorno al corpo di Maria Vergine, ed è il suo dies natalis, il giorno in cui Maria “nasce al cielo”. E per tutti i santi il giorno della morte è ricordato così, come la loro nascita al cielo.
Dall’iconografia ortodossa della Dormizione di Maria torniamo ora per concludere a un’immagine dell’Assunta “più occidentale”, dipinta da Raffaello Sanzio tra il 1502 e il 1504, e che oggi si trova nei Musei Vaticani. Rispetto all’Assunta di Tiziano, qui tutto è più naturale e una nuvoletta orizzontale divide i due piani, celeste e terreno, semplificando la lettura. Qui non c’è l’enfasi, il trasporto dell’ascensione, ma la certezza di un fatto concreto: Maria viene incoronata regina del cielo da suo Figlio nella cornice naturale delle colline di Urbino, patria di Raffaello. Tutto ciò che è soprannaturale diventa naturale! Gli apocrifi ci narrano che gli apostoli hanno da pochi giorni seppellito Maria in una grotta sotto l’Orto degli Ulivi (grotta visitabile dai pellegrini ancora oggi) e dopo tre giorni tornano per onorare il corpo. Trovano il sepolcro vuoto e fiorito all’interno di bianchi gigli, simbolo di purezza. Maria è immacolata, sembra dirci Raffaello con quei gigli. Gli apostoli alzano la testa stupiti e Maria appare sopra la nuvola mentre viene incoronata dal Figlio alla presenza di angeli festanti e musicanti. Maria è Vergine, Madre Sposa. Così come la canta Dante Alighieri nella famosa terzina del canto XXXIII del Paradiso: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio”.
Ora, per noi, vacanzieri ferragostani, questa nuvoletta tra terra e cielo potrebbe assomigliare a un ombrellone da spiaggia aperto, che da un lato ci protegge dal sole e dall’altro in trasparenza ce lo rivela. Questa nuvola sottile invita gli apostoli e tutti noi a guardare in alto, “oltre l’ombrellone”, per intravedere il nostro futuro destino di luce e di gloria.
Ci siamo anche noi, confusi tra gli apostoli e tesi al cielo? Ma come raggiungere quel cielo? La risposta è semplice. Attraverso la vita quotidiana, sull’esempio di Maria che ci ha insegnato a dire “sì”. “Sì” all’angelo che le chiedeva di essere madre di Gesù. E “sì” sotto la croce, dove quel “sì” suonava così difficile. Da parte nostra, sappiamo benissimo quali siano i nostri “sì” da pronunciare, magari anche oggi che è Ferragosto, un semplice “sì” con lo sguardo alla moglie seduta nella sdraio accanto. Maria ora è oltre quel grande ombrellone di nuvole dipinto da Raffaello per separare terra e cielo. Gli apostoli la stanno a guardare a testa in su, attraverso quella nube oscura che li separa da Dio. Al di là del nostro ombrellone ecco l’Assunta, donna di cielo, faro di luce, madre dei nostri corpi e, come dice Dante, “umile e alta più che creatura” (Paradiso, canto XXXIII).
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