CANCEL CULTURE TRA GLI ANGLICANI: “TOGLIERE LA PAROLA CHIESA, SEVE ESSERE PIÙ MODERNI”
La si può chiamate “cancel culture”, “ideologia woke”, oppure semplicemente paura del chiamare la realtà con il proprio nome: quanto teorizzato in queste settimane dopo il Sinodo anglicano della Chiesa UK ha davvero dell’incredibile in quanto si vorrebbe eliminare dai documenti la parola “chiesa” per sostituirla con altri termini più politicamente e socialmente corretti. Quanto però racconta il “Telegraph”, citando fonti dirette della Chiesa Anglicana, non è solo un indirizzo preso per decisioni future, ma sarebbe già in atto la “cancellazione” di svariati termini “chiesa” nei documenti già esistenti dell’assemblea protestante anglicana.
Se già lo scontro negli scorsi mesi si era avuto internamente alla Chiesa UK per il via libera o meno ai matrimoni omosessuali celebrati nelle parrocchie anglicane, qui il cambiamento in atto sembra alquanto più radicato: secondo il “Centre for Church Planting Theology and Research”, citato dal “Telegraph”, già in ben 11 diocesi del Regno Unito la parola “chiesa” sarebbe stata sostituita da “comunità” o “congregazione di culto”. Il concetto sembra astruso ma in realtà è molto semplice: la realtà va “modificata” per non urtare le sensibilità di chi magari fuori dalla Chiesa Anglicana potrebbe sentirsi a disagio con l’istituzione avversata da secoli da parte della cultura e della società britannica.
DAL LINGUAGGIO AL RITO IL PASSO È BREVE: IN UNA DIOCESI UK LA MESSA VIENE SOSTITUITA DA PASSEGGIATE IN CAMPAGNA…
Al di là della scarsa considerazione dell’intelligenza delle persone nel ritenere che basti “modificare” il linguaggio di alcuni termini per far diminuire o aumentare il senso di disagio, il tema di voler cancellare la parola “chiesa” dai documenti della Chiesa UK potrebbe avere echi devastanti nell’immediato futuro: per Giles Fraser, vicario di St Anne’s Kew sentito dai media inglesi, questa riluttanza nell’usare la parola “chiesa” riflette in realtà «un desiderio mal riposto di essere rilevanti e dal suono moderno».
Non solo, secondo il vicario anglicano è di fatto come se la Chiesa così facendo stesse rinunciando ad essere chiesa di Dio: «hanno usato il linguaggio del ‘cambiamento culturale’ per descrivere il posto delle novità all’interno delle diocesi». A difesa invece della scelta intrapresa dalla Chiesa Anglicana, il cui Primate Justin Welby già da tempo viene criticato per alcune scelte “politicamente corrette“, si schiera il portavoce della Chiesa d’Inghilterra che riflette sul fatto che la parola “chiesa” «non è abbastanza esaustiva per descrivere ciò che queste diocesi hanno intrapreso con la costruzione di nuovi edifici». Conseguenze lessicali immediate, potenziali conseguenze dottrinali in seguito: il rischio è che non chiamando più la realtà con il proprio nome, ovvero “chiesa” ciò che è “chiesa”, si rischia di dimenticare il legame inscindibile tra Dio e la sua comunità espressa proprio dalla Chiesa (sebbene già gli anglicani protestanti contestino molte delle verità e dogmi incarnate dalla Chiesa Cattolica).
Un piccolo esempio di cosa può succedere se si rincorre la modernità senza tener conto delle proprie origini viene “suggerito” dalla Diocesi UK di Worcester dove da qualche tempo si è abbracciato il culto “all’aperto”: in pratica, i membri delle chiese locali sostituiscono le funzioni religiose con passeggiate in campagna. Non solo, l’invito è di fermarsi a leggere la Bibbia durante le passeggiate così da rendere il rito un mix di relax-yoga all’aria aperta, con una spruzzata di letture bibliche. Non tutti ovviamente nella Chiesa anglicana si dicono concordi con l’andazzo che si sta prendendo, specie se si arriva a definire come “superflua” la Santa Messa: «questo cambiamento di linguaggio da parte della Chiesa ci costringe a ridefinire ciò che pensiamo sia una chiesa nella Chiesa d’Inghilterra», conclude la forte critica del reverendo Foulger al “Telegraph”.