Il clima di terrore in cui viveva Alex Pompa non va ignorato quando si affronta il caso: questo è uno dei motivi per i quali la Cassazione ha annullato la condanna a 6 anni nei confronti del ragazzo che ha ucciso il padre violento. Era il 30 aprile di quattro anni fa quando Alex Cotoia (ora ha il cognome della madre) accoltellò 34 volte a morte il padre Giuseppe Pompa nel tentativo di difendere la madre: per i giudici della Cassazione nel giudicare tale omicidio non si può non considerare il contesto ambientale di «estrema drammaticità» e «oggettivamente angoscioso».
Da questo bisogna ripartire quando il ragazzo di Collegno andrà giudicato di nuovo per stabilire se ha agito per legittima difesa o meno. La strada, dunque, è stata tracciata dalla Cassazione, le cui motivazioni spiegano perché la vicenda è stata rinviata a una nuova sezione della Corte d’appello di Torino.
Nelle 24 pagine redatte gli ermellini non mancano di rimproverare i giudici d’appello, evidenziando alcune lacune nelle loro motivazioni. Ad esempio, nel nuovo appello dovranno essere presi in considerazione gli anni turbolenti di violenze e soprusi subiti dalla famiglia, tali da rendere Alex Pompa e il fratello più grande «guardie del corpo della madre».
ALEX POMPA, DALLA LEGITTIMA DIFESA AL DISAGIO PSICHICO
Le versioni della mamma di Alex Pompa e del fratello Loris, gli unici testimoni oculari dell’omicidio del padre Giuseppe Pompa: nel processo di primo grado erano state giudicate genuine, invece in appello erano state considerate inattendibili, tanto che gli atti sono stati trasmessi in procura con l’accusa di falsa testimonianza. Invece, per la Cassazione quel giudizio di secondo grado è stato troppo semplicistico, in quanto non ha tenuto conto del contesto di «estrema concitazione e di vero e proprio terrore per quello che poteva accadere in quei momenti terribili».
Bisognava tener presente le vessazioni subite dai familiari della vittima, come testimoniano centinaia di messaggi audio che certificano i maltrattamenti subiti dalla moglie e dai figli. Ma la Cassazione insiste anche sulla legittima difesa, precisando che va ricostruita la dinamica dell’azione. A tal proposito, il fatto che la mamma fosse in bagno, quindi non esposta al pericolo, per i giudici non ha alcun rilievo decisivo.
Mentre era in corso un’aggressione violenta, la presenza di una porta chiusa non può essere considerata una protezione. Gli ermellini, infine, invitano i nuovi giudici a rivalutare il peso delle condizioni di disagio psichico di Alex Pompa, che soffre di un disturbo dell’adattamento di natura ansiosa proprio per quel clima di violenza vissuto in casa.