Si riaccende – ed infiamma – l’eterno scontro tra Cina e Filippine per il controllo del cosiddetto Mar cinese meridionale con il ministro della Difesa filippino Gilberto Teodoro che è arrivato addirittura ad invocare il supporto militare degli Stati Uniti; mentre da Pechino – rispondendo indirettamente a Teodoro – arriva un caloroso invito per gli States ad evitare di prendere una posizione sull’ennesima contesa territoriale che vede protagonista il governo cinese.
Prima di arrivare all’ultima pagine di questo scontro che si trascina ormai dagli anni ’40, vale la pena fare un passetto indietro per capirne le origini, le ragioni e i retroscena: tutto è iniziato quando la Cina ha deciso – ovviamente in modo unilaterale – di riconoscere come sua proprietà l’interno Mar cinese meridionale ai sensi di trattati stipulati (appunto) negli anni ’40 con i quali veniva definita la cosiddetta ‘linea dei nove tratti’.
Lo snodo marittimo è di primaria importanza per il Dragone perché da lì passa circa il 65% del suo commercio estero; mentre risulta anche particolarmente importante per il resto del mondo perché permette un passaggio rapido e senza grossi pericolo per il 60% delle merci (circa 5,3 miliardi di dollari complessivi) che transitano via mare; e proprio per questa ragione le Filippine – assieme anche a Vietnam, Malesia, Indonesia e Brunei – si sono sempre opposte alle rivendicazioni cinesi con l’esito di una letterale militarizzazione dell’area da parte di Pechino e un (neanche tanto) sospetto aumento di incidenti misteriosi ai danni delle navi non cinesi.
Filippine vs Cina: “Serve un’azione multilaterale congiunta per interrompere le tensioni nel Mar cinese meridionale”
Uno scontro che sembra aver esasperato completamente il governo delle Filippine con il ministro Teodoro che nella giornata di oggi ha invitato l’Asean (ovvero l’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) a non ignorare più le ingerenze cinesi “se vuole rimanere rilevante e credibile”: secondo il ministro è importante “definire le nostre operazioni per includere il Trattato di mutua difesa” che sappia scongiurare la azioni del governo cinese; sottolineando che l’unico “antidoto” possibile è una “forte azione multilaterale collettiva” dato che “denunciare il comportamento di Pechino (..) non è abbastanza”.
Immediata la reazione della Cina che – nella persona del ministro degli esteri Wang Yi – si è rivolta direttamente agli Stati Uniti e al consigliere della Sicurezza Jake Sullivan per invitarli ad evitare l’uso “dei trattati bilaterali come scusa per minare la sovranità e l’integrità territoriale [cinese]“, oltre che ribadire che il governo statunitense non dovrebbe “supportare le azioni di violazione promosse dalle Filippine”.