Questo post è come la bandiera rossa che il bagnino issa per segnalare mare mosso. Nella maggior parte dei casi, trattasi di precauzione interessata. Nel mio, semplicemente un’analisi che può risultare fallace. Ma che, stante i numeri su cui si basa, ritengo andasse compiuta. Il grafico principale di questo articolo può dire poco. In realtà, dice tantissimo:
Si tratta dell’indice di fiducia dei consumatori cinesi. Tradotto, utilizzando quello che sembra l’incipit di una barzelletta, ci sono 1,4 miliardi di cinesi delusi. Molto delusi. Probabilmente, proprio incazzati neri. E non è un caso che da giorno il titolo di PDD, il conglomerato cui fa capo il gigante dell’e-commerce Temu, stia letteralmente sprofondando in Borsa, a seguito di previsioni di vendita poco rosee. L’andamento sinusoidale di quell’indice di fiducia spaventa. Perché quell’up-and-down che ci porta allo sprofondo attuale incorpora in sé il caos immobiliare generato da Evergrande e i conseguenti trilioni di yuan iniettati sotto varie forme dalla PBOC per tamponarne il fallout socio-economico. Effetto placebo. Per ora, almeno.
Quindi, se oggi su qualche giornale comparisse la notizia di una Cina che rischia di fallire l’obiettivo annuale di crescita, sappiate che non è questa la notizia più preoccupante che giunge da Pechino. Anzi, paradossalmente, la previsione potrebbe essere stata diffusa ad hoc, al fine di preparare i mercati a un intervento della Banca centrale che vada ben oltre i prestiti a breve termine o il taglio dei requisiti bancari.
Ora date invece un’occhiata a cosa accade in contemporanea negli Stati Uniti:
Chiamatelo parco buoi. Chiamatelo Mr. Smith. Chiamateli nerd. Ma oggi i cittadini statunitensi detengono il 57% dell’allocazione equities totale. Il massimo storico. Assoluto. In linea con la bolla tech di inizio millennio. Insomma, l’americano medio è all-in sui titoli azionari. Di fatto, cittadini senza alcuna preparazione professionale stanno surfando il rally innescato dal rimbalzo post-5 agosto. Che dite, andrà tutto bene? O qualcuno potrebbe essere tentato dal blitz? Sgonfiare la bolla, lasciando il cerino in mano a chi rischia l’ipoteca sulla villetta con bandiera nel patio e canestro sul retro?
Perché così operando, i cosiddetti esponenti della smart money si farebbero trovare pronti all’acquisto su ulteriori minimi che si offrono agli acquirenti più pazienti in quella che appare una rampa di lancio pre-QE. A sua volta, destinato a tramutarsi in assoluto El Dorado, in caso davvero la FED il 18 settembre desse il via al sirtaki pre-elettorale del taglio dei tassi. La tentazione può essere forte. E i precedenti parlano da soli.
Ma se l’America è assolutamente in grado di gestire ondate di rabbia in maniera pacifica, estendendo il prossimo Bengodi garantito da FED e Tesoro anche al corrispettivo a stelle e strisce di un lumpenproletariat da crollo inatteso attraverso erogazione do sussidi e food stamps, l’equilibrio sociale cinese è decisamente più complesso da gestire. E da prevedere. Xi Jinping non è uomo da soluzione Tienanmen. Non nell’era dei social, quantomeno. Ma una risposta all’ondata deflattiva interna ora dovrà darla. Anche perché l’ormai quasi certo taglio dei tassi USA genererà una corsa a vendere circa 1 trilione di dollari in assets denominati in biglietti verdi da parte delle aziende cinesi. Una mossa che potrebbe far apprezzare lo yuan di qualcosa come il 10%. Una cosiddetta FX avalanche nel momento peggiore. E senza che nessuno si fosse curato troppo dei suoi primi passi sotto forma di palla di neve.
Ora, torniamo ancora negli USA, seguendo il ritmo del nostro virtuale incontro di tennis fra criticità. E guardate questa schermata:
Sui giornali di ieri campeggiava in bella evidenza la notizia in base alla quale Berkshire Hathaway era diventata la prima azienda USA non tech a raggiungere un trilione di capitalizzazione. Per carità, la cronaca è sacra. E la notizia è di quelle che vale sempre la pena offrire al lettore. Peccato che solo 24 ore prima, la creatura di Warren Buffett avesse venduto un altro miliardo in titoli di Bank of America. In meno di due mesi, 5,5 miliardi di controvalore in azione scaricate. E non di un istituto regionale in crisi. Bensì di una della Big Four strategiche.
Ora, provate a unire i puntini come ne La settimana enigmistica: se un investitore noto come “l’oracolo di Omaha” sta scaricando un titolo così sensibile con il badile, dobbiamo forse rivedere il giudizio rispetto al possibile buon esito dell’assalto alla diligenza di Wall Street da parte della clientela retail? O la tesi in base alla quale sia in atto una circonvenzione interessata di parco buoi appare sempre meno peregrina?
Occhio al brusio della pentola a pressione retail a livello globale. Prima che scoppi. Perché forse Mr. Smith può essere blandito con mancette e sostegni, magari con una moratoria sui pignoramenti o sul debito scolastico. Ma quei quasi 1,5 miliardi di cinesi che vede nubi nere all’orizzonte della propria capacità di acquisto, quasi certamente obbligheranno Xi Jinping a mosse decisamente drastiche. E Dio non voglia che la FED si metta a tagliare, mentre Pechino comincia a esportare deflazione con il badile per fare spazio alle iniezioni di liquidità della PBOC. In quel caso, la tempesta perfetta sarebbe veramente alle porte. E come appare fin da ora ovvio, la prima paratia a venir spazzata via dalla furia di un’ondata di reflazione sarebbe quella della BCE e dell’eurozona. Non sembra, ma proprio in questi giorni il mercato sta giocando a palla avvelenata con un panetto di C4. E chi investe senza mappa o ecoscandaglio, può rischiare di dover scegliere fra campo minato o iceberg.
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