Lunedì 2 settembre è il Labor Day, festività nazionale federale, che oltre ad essere l’occasione per succulenti barbecue, segna l’inizio ufficiale della campagna elettorale per le elezioni americane del 5 novembre.
Oltre alle elezioni presidenziali, che vedono un testa a testa tra Kamala Harris e Donald Trump, si voterà anche per il rinnovo parziale del Senato. Il Senato degli Stati Uniti riflette la storia federale da cui nasce: è infatti composto da due senatori per ogni Stato, indipendentemente dal numero di abitanti. Il mandato dei 100 senatori dura 6 anni, con elezioni che avvengono ogni due anni per circa 1/3 dei posti. Il Senato, oltre a condividere con la Camera il potere legislativo, ha il compito di convalidare tutte le nomine giudiziarie del Presidente. È presieduto dal vicepresidente degli USA, che può anche partecipare al voto, in particolare in caso di parità.
Ad oggi il Senato è composto da 51 senatori democratici (4 dei quali si definiscono indipendenti, ma di regola votano con i dem) e 49 repubblicani; il 5 novembre sono in gioco 34 seggi, di cui 23 in mano a senatori democratici e solo 11 in mano ai repubblicani: basterà ai conservatori conquistare due seggi (ne basterebbe uno solo, se vincessero le presidenziali e J.D. Vance andasse a presiedere il Senato) per riprendere il controllo della camera alta, che avevano fino al 2020, anno della sconfitta di Trump alle presidenziali. Se è molto improbabile che i candidati repubblicani perdano in uno degli 11 Stati già in loro possesso, alcuni dei seggi democratici che sono in gioco si trovano in Stati in cui Trump vinse nel 2020 (o che perse di stretta misura) e pertanto molti analisti ritengo possibile, se non probabile, un cambio di rotta.
Il primo di questi è la West Virginia, dove il senatore democratico-indipendente moderato Joe Manchin si è ritirato: i sondaggi danno vincente con ampio margine il candidato repubblicano Jim Justice, ricco imprenditore, governatore uscente molto amato dalla popolazione (vinse il suo secondo mandato da governatore con oltre il 30% di vantaggio sullo sfidante) e non dovrebbe aver problemi ad essere eletto al Senato.
Il secondo seggio che i dem rischiano di perdere è quello del Montana: uno Stato in cui Trump è avanti di oltre 10 punti nei sondaggi per le presidenziali ed in cui i repubblicani hanno presentato come candidato al Senato Tim Sheehy, ex ufficiale dei Navy Seals (le squadre speciali della marina), che punta su una campagna al traino dell’ex presidente, molto amato tra i ranch di questo Stato agricolo del nord Ovest. Senatore uscente è il combattivo Jon Tester, in carica dal 2007, ma che per la prima volta si trova a competere durante le elezioni presidenziali in uno Stato che è tradizionalmente repubblicano. Dalla sua, ha il fatto che in concomitanza con le elezioni federali si terrà in Montana un referendum sull’aborto, materia che tende a compattare l’elettorato dem e viceversa a spaccare quello repubblicano.
Il terzo seggio a rischio per i democratici è quello dell’Ohio, dove per i dem si ricandida l’uscente Sherrod Brown. Se l’Ohio una volta era considerato uno swing state, decisivo per le elezioni presidenziali, oggi è uno Stato che si è spostato sempre più a destra e Trump nei sondaggi è saldamente avanti di circa 10 punti; più delicata però è la corsa per il Senato, dove Brown ha assunto posizioni sulla lotta alla droga, sulla protezione dell’industria e dell’agricoltura contro la concorrenza cinese e sulla sicurezza più simili a quelle del tycoon che a quelle di Kamala Harris. Lo sfidante Bernie Moreno, un uomo d’affari di origine colombiana, meno conosciuto all’opinione pubblica dell’uscente, punta ad attaccare Brown su tematiche nazionali come l’immigrazione, sperando di seguire il buon risultato che il partito repubblicano farà alle presidenziali.
Migliori sono i sondaggi per i candidati democratici in Michigan e Arizona, dove i candidati dem Elissa Slotkin e Ruben Gallego si trovano a difendere il posto dei loro predecessori, che si sono ritirati. Sono entrambi avanti nei sondaggi di circa 5 punti percentuali, quindi, considerando gli ampi margini di errore a cui i sondaggi elettorali USA ci hanno abituato, si tratta di sfide assolutamente aperte. Mike Rogers è il candidato repubblicano in Michigan, dove, forte della sua esperienza come presidenze della commissione sull’intelligence alla Camera, ha impostato la sua campagna elettorale sul tema della sicurezza, criticando anche la Slotkin per alcune posizioni molto rigide sulle misure anti-Covid.
Certamente più controversa è la candidata repubblicana in Arizona, Kari Lake. Più trumpiana di Trump, si è alienata il sostegno di parte del partito polemizzando con la famiglia del senatore McCain, già eroe di guerra e poi potentissimo ex senatore dell’Arizona da poco deceduto, e non è detto che riesca a guadagnarsi il sostegno dei ceti medi suburbani e degli elettori indipendenti, tradizionalmente su posizioni più moderate.
Aperte, ma con buone possibilità di risultati positivi per i democratici, sono infine le corse per i seggi di Nevada, Pennsylvania e Wisconsin: in questi Stati i sondaggi sulle elezioni del Senato sono molto meno favorevoli per i repubblicani che quelli nazionali e i candidati democratici sono tutti e tre senatori uscenti, molto conosciuti nei rispettivi Stati e probabilmente in grado di difendere il proprio seggio.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.