San Marino non ha violato i diritti degli operatori sanitari costringendoli a cambiare lavoro o decurtando lo stipendio se rifiutavano i vaccini Covid: lo ha stabilito una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di giovedì. I 26 ricorrenti sostenevano che la decisione di vaccinarsi fosse privata e che le misure nei confronti del personale sanitario non vaccinato rappresentavano una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, il trattato su cui si basa la Corte di Strasburgo, ma per i giudici non c’è stata alcuna violazione dell’articolo 8, quello che stabilisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
VACCINI COVID, LA BATTAGLIA LEGALE A SAN MARINO
Gli operatori sanitari avevano prima intentato una causa a San Marino, poi hanno avviato il procedimento presso la CEDU dopo che la loro battaglia legale era stata respinta dalla Corte Costituzionale. Era cominciata dopo l’intervento nel maggio 2021 dell’Istituto per la Sicurezza Sociale, il servizio sanitario di San Marino, che invitava il personale a sottoporsi alla vaccinazione. Questi 26 dipendenti – tra farmacisti, medici e infermieri, tra cui 6 italiani e un moldavo – si erano rifiutati di ricevere i vaccini Covid.
Inizialmente si decise di cambiare loro incarico, in modo che avessero meno contatti con i pazienti, o di metterli in ferie e concedere permessi. Se però non si riusciva a trovare una soluzione, potevano essere sospesi e lasciati senza stipendio, con la possibilità però di ricevere 600 euro al mese se partecipavano ad alcune attività socialmente utili come servizio alla comunità.
RESPINTE LE ARGOMENTAZIONI DEI 26 RICORRENTI
Il gruppo dei ricorrenti sosteneva che i vaccini Covid non garantissero l’immunità dal coronavirus e che la perdita del lavoro avesse un impatto finanziario, emotivo e psicologico significativo. In generale, queste persone hanno perso quasi 250mila euro di stipendio, da 75mila per un direttore medico a 500 euro per un assistente sanitario trasferito ad un altro ruolo.
Ma secondo i giudici per molti di loro le perdite finanziarie non erano sostanziali e avrebbero potuto essere parzialmente alleviate partecipando al servizio civile. «Non ci si poteva aspettare che gli individui continuassero a ricevere una retribuzione quando si rifiutavano di intraprendere qualsiasi tipo di lavoro», hanno scritto i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza.
Tenuto conto della discrezionalità degli Stati per quanto riguarda la propria politica sanitaria, le misure, dunque, sono state giudicate proporzionate e giustificate dall’obiettivo perseguito, mentre per quanto riguarda le perdite finanziarie subite dai ricorrenti, giudicate non significative, erano comunque effetto di un contesto «eccezionale e imprevedibile» della pandemia. I ricorrenti, a detta dei giudici della CEDU, non sono neppure riusciti a dimostrare in che modo la loro dignità sia stata intaccata da tali misure sui vaccini Covid, così come il loro benessere emotivo.