“Il primo capitale dell’impresa è la persona”: è il titolo con cui si apre il quarto giorno della edizione numero 45 del Meeting di Rimini. Il panel presenta i lavori condotti dall’Intergruppo parlamentare della sussidiarietà, Presidente Maurizio Lupi.
Al centro del dibattito c’è il fattore umano, nella sua cristallina dimensione di essere. I sistemi globali stanno subendo una crisi valoriale preoccupante dove le risorse umane sono intese come locus; anziché il capitale piú prezioso, per le imprese.
Uno degli aspetti cruciali dell’investimento nel capitale umano è la formazione ovvero una preparazione di qualità che punti alla crescita di un background professionale: la materia umana è densa di intelligenza che va stimolata, l’artifizio appartiene alle macchine.
Le intelligenze tecnologiche possono elaborare dati a velocità impensabili per l’uomo, possono eseguire compiti ripetitivi con precisione e senza errori, e possono persino apprendere da modelli predefiniti. Tuttavia, esse non possiedono la capacità di comprendere il contesto, di percepire le sfumature emotive o di anticipare l’imprevedibile, tutte caratteristiche che rendono l’intelligenza umana insostituibile.
Uno degli aspetti cruciali dell’investimento nel capitale umano è la formazione. In un’epoca in cui le tecnologie digitali avanzano rapidamente, le competenze richieste cambiano di continuo. Le imprese devono quindi puntare su programmi di aggiornamento e sviluppo delle competenze per i propri dipendenti, favorendo una cultura del learning continuo. Questo non solo aumenta la produttività, ma rafforza anche il senso di appartenenza e la motivazione dei lavoratori, riducendo il turnover.
L’investimento formativo, infatti, svolge un ruolo fondamentale nella formazione dell’identità e nella promozione della coesione sociale. Investire in progetti culturali significa dare voce alle diverse espressioni della società, favorendo il dialogo interculturale e la comprensione reciproca. In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, la cultura diventa uno strumento essenziale per costruire ponti tra le diverse comunità e per contrastare le disuguaglianze.
Un accesso diffuso alla cultura stimola il pensiero critico, la creatività e l’innovazione, competenze fondamentali in un mercato del lavoro in continua evoluzione. Inoltre, la cultura ha il potere di educare alla cittadinanza attiva, promuovendo valori come il rispetto, la solidarietà e la partecipazione democratica.
Le istituzioni pubbliche e private devono quindi riconoscere l’importanza strategica dell’investimento culturale, destinando risorse adeguate e promuovendo politiche che incentivino la produzione e la fruizione culturale. In questo contesto, lo Stato non può considerarsi mero distributore di risorse, bensì deve garantire una funzione direzionale; gli apparati legislativi devono assicurare unità, lavorando su una visione complessiva e paritaria. Bisogna affrontare le sfide della contemporaneità e proiettarsi verso una creatività intellettiva.
In conclusione, l’investimento culturale non è solo un dovere morale, ma una scelta strategica per costruire una società più inclusiva, prospera e sostenibile. La cultura, in tutte le sue forme, rappresenta un patrimonio inestimabile che va tutelato e valorizzato, non solo per il suo valore intrinseco, ma per il suo potenziale di trasformazione economica e sociale. Le imprese, le istituzioni e i cittadini devono collaborare per promuovere un vero e proprio rinascimento culturale, che possa guidare il nostro Paese verso un futuro migliore.
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