ANTONIO BELLOCCO, BERETTA RESTA IN CARCERE
Resta in carcere Andrea Beretta, il capo ultrà dell’Inter accusato dell’omicidio Bellocco, rampollo della ‘ndrangheta e anche lui membro della Curva Nord. Il gip di Milano ha convalidato il fermo, ritenendo che la detenzione in carcere sia l’unica misura idonea (confermando che vi sono gravi indizi di colpevolezza), per permettere che le indagini di fare chiarezza sui contorni del delitto e sul movente, ancora non accertati. Ma sono stati anche riconosciuti il pericolo di fuga e il rischio di reiterazione del reato.
Nel primo caso, si segnala il timore di eventuali ritorsioni per il fatto commesso, ma si tiene anche conto delle possibilità di Beretta alla luce della sua rete di contatti. Il gip ha convalidato il fermo anche perché Beretta potrebbe «influenzare eventuali testimoni» o commettere altri reati violenti per portare avanti la faida, anche a causa delle sue «difficoltà di controllare impulsi aggressivi e violenti» emersi dai suoi precedenti.
I “MOVIMENTI MISTERIOSI” A MILANO
Beretta deve rispondere dell’accusa di omicidio aggravato, visto che era sotto sorveglianza speciale, e di detenzione illegale di arma da fuoco. Infatti, quando è stato fermato dai carabinieri, subito dopo il delitto, aveva con sé una carta di identità falsa con cui si muoveva a Milano anche se aveva il divieto di soggiorno proprio per la sorveglianza speciale. Proprio questi movimenti sono all’attenzione dei pm della Direzione distrettuale antimafia Sara Ombra e Paolo Storari.
Secondo la versione di Beretta, usava quel documento per frequentare i locali, ma sono in corso controlli per capire se ha soggiornato in città. Gli inquirenti sospettano che i transiti a Milano fossero legati a qualcosa in più di serate in discoteca, anche perché pure ciò sarebbe bastato a far scattare l’arresto.
COSA HA DICHIARATO ANDREA BERETTA
Interrogato tre giorni dopo l’omicidio Bellocco, Andrea Beretta non ha risposto alle domande, ma ha reso dichiarazioni spontanee con cui ha confermato quanto aveva dichiarato in occasione del fermo: ha negato di essersi sparato a una gamba per simulare la legittima difesa, spiegando che il colpo è partito quando è caduto dalla Smart e che è stato raggiunto da un solo proiettile in quanto l’arma era scarica. La sua ricostruzione, comunque, appare plausibile, ma non sono ancora pronti i risultati degli esami balistici dei carabinieri.
Dunque, la ricostruzione, riportata dal Corriere, è che i due ultrà siano usciti dalla palestra e siano saliti in auto, dove sarebbe scoppiata la lite. Il capo ultrà avrebbe chiesto a Bellocco il motivo per il quale volevano ucciderlo, a quel punto la vittima avrebbe confermato che volevano ucciderlo. Così sarebbe scattata la reazione istintiva di Beretta, il quale gli avrebbe detto di non avere paura di lui, estraendo la pistola. Durante la colluttazione sarebbe partito lo sparo che ha ferito il capo ultrà, il quale ha accoltellato il rivale col suo coltello a serramanico. Beretta avrebbe poi aperto lo sportello passeggero e colpito Bellocco esanime.
OMICIDIO BELLOCCO, MOVENTE ANCORA DA CHIARIRE
Beretta nel primo interrogatorio aveva riferito che i contrasti con Bellocco erano legati alla spartizione degli introiti della curva dell’Inter su biglietti e merchandising tra loro con il portavoce della Curva Nord Marco Ferdico. Il sospetto è che questo delitto abbia qualche legame con le vicende che hanno portato all’omicidio di Vittorio Boiocchi, ex capo ultrà ucciso due anni fa, e che potrebbe sapere anche chi è l’assassino di quest’ultimo.
Gli investigatori, secondo Repubblica, hanno lasciato intendere di essere particolarmente interessati ai segreti che custodisce il capo ultras dell’Inter e che la scelta di collaborare potrebbe metterlo al riparo, insieme ai suoi familiari, di eventuali ritorsioni. Del resto, lui stesso era consapevole di rischiare la vita e proprio per questo è scoppiata la lite che ha portato all’omicidio di Bellocco.