I lettori di oggi leggono I sonnambuli di Christopher Clark che narra di come la Prima guerra mondiale giunse senza che coloro che in varia misura, pur da opposti fronti, condividevano l’esercizio del potere ne avessero contezza e potessero impedirne l’esplosione. Il colpo di pistola di Sarajevo esplose provocando una valanga di morti e scosse nel profondo la società liberale, spaccando in due – tra fascismo e comunismo – l’Europa e il mondo come una mela.
Hermann Broch negli anni Trenta del lunghissimo Novecento scrisse anch’egli una trilogia intitolata I sonnambuli, descrivendo – dell’Impero tedesco e del mondo tutto – la dissoluzione dei valori che portò alla Seconda guerra mondiale. Per Broch la fine giungeva perché ciascheduno diveniva incapace di condividere i propri valori con quelli degli altri contemporanei generando solipsismo e distruzione.
Seguendo ciò che succede nell’Ue, questi due capolavori tanto diversi, ma tutti dedicati allo sgretolamento dell’Europa come culla della civilizzazione e del progresso, mi sono venuti dolorosamente alla mente. Ursula von der Leyen vaga come una sonnambula circondata da fantasmi che appaiono e scompaiono leggendo proclami, evocando magiche ricette e pozioni lenitive per curare mali dilaganti mentre la guerra è già iniziata ai confini dell’Europa e nelle terre di un Impero russo che non ha più contezza della sua debolezza e si avvia alla guerra nucleare. Ma tutti paiono guardare da un’altra parte.
La Germania è ritornata ai tempi di Broch ed è paralizzata dalla volontà di dominio, mentre la Francia è ipnotizzata dall’astrattezza macroniana che si pensa come impero mentre altro non è che una nazione senza Governo, con il suo cuore culturale lacerato dalla volontà (anch’essa) di dominio. Macron vuole ancora imporre Breton, mentre invece Meloni pensa che si possa passare dalla casa dei fantasmi contrari all’Ue a quella degli amministratori della stessa senza pagare nessun prezzo, nessun pegno. Ma non esistono corse gratuite nella politica, tanto di oggi quanto di ieri.
È quello a cui stiamo assistendo nell’Ue: altro non è che politica, lotta politica nazionale. Lotta che si svolge mentre la retorica dell’europeismo conciliatore e conciliante suona il suo organetto che disarma, sgomenta i deboli e gli incolti, spegne le coscienze e… trasforma tutti in sonnambuli.
Perché è questa la questione. Come accadde già più di un secolo or sono siamo di nuovo disarmati dinanzi agli eventi: l’imperialismo divide lo stesso capitalismo, che gli si creda o no, lo si dica o no, perché gli involucri nazionalisti e nazionali che avvoltolano i capitali tanto manifatturieri quanto finanziari continuano, ahimè, ad agire potentemente e con forme più devastanti che mai.
La guerra di aggressione russa al capitalismo ucraino lo dimostra con angosciosa materialità. Ma tanto a Bruxelles quanto a Strasburgo non se ne cale nessuno. Si sentono i salmi di Mario Draghi, mentre si odono i tuoni dei combattimenti. Ma è proprio il salmo di Draghi che dovrebbe risvegliare Ursula e i suoi amici del Cirque du Soleil: quel salmo è di nuovo lo stesso salmo anglosferico che Draghi cantò quando gli Usa lo imposero, per la fortuna di tutti, a capo della Bce. Ora gli Usa non hanno più la forza di imporre nessuno alla testa di macchine poderose come la Bce, ma possono ancora imporre dei cantori di salmi giudiziosi e ragionevoli. Ma pare non ascoltarli nessuno.
Tutto precipita mentre nessuno applica il dettato dei salmi. E la storia rigurgita di tragedie provocate dal non averli ascoltati i salmi o averli ascoltati troppo tardi quando il fato era compiuto. Mi pare che – sia per il clangor delle armi, sia per la crisi dell’economia (lo si ricordi e non si cada nell’illusione: dell’economia di guerra non si vive) – si pongano le basi per riprodurre tragedie che speravamo – alla mia veneranda età – di non vedere, dopo tanto aver meditato su di esse e di cui ci parlavano i padri.
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